Vetrina. “Ti racconto una cosa di me”
Un gruppo di noti scrittori italiani si racconta all’interno di un’originale antologia, che riunisce foto e parole tratte dal loro passato
Sin dalla sua nascita, la fotografia ha svolto un ruolo importante nel guidare, in maniera più o meno onesta, le nostre memorie e le nostre parole. Ogni giorno infatti siamo esposti ad un altissimo numero di immagini, pubbliche o private, e molto spesso i nostri discorsi e i nostri pensieri si sviluppano proprio a partire da loro. Proprio da questa riflessione, che è uno dei tanti nodi del dibattito teorico sul significato e il valore della fotografia, è stato fatto un esperimento con alcuni scrittori italiani in occasione di un progetto di ricerca condotto dalle Università di Palermo, L’Aquila e Bologna, dedicato alla cultura visuale e alle modalità in cui la letteratura inventa le immagini.
Partendo dal presupposto barthesiano per cui il tentativo di scrutare una fotografia, penetrandola per trovarne il significato più profondo, è destinato ad essere frustrato perché essa in fondo non è che un pezzetto di carta (basti ricordare gli inutili sforzi di David Hemmings per svelare un assassino da una fotografia in Blow Up di Antonioni), si è chiesto ad una trentina di scrittori italiani di provare a vedere che cosa riuscissero a scovare con l’aiuto della scrittura in alcune fotografie appartenenti alle loro collezioni private.
Nasce da questo esperimento Ti racconto una cosa di me: scritture e fotografie da collezioni private, una piccola antologia pubblicata da Edizioni di Passaggio e accompagnata da un’omonima mostra tenuta a Palermo presso la sede del Rettorato e visitabile a Bologna, presso Sala Borsa, dal 20 Novembre al 10 Dicembre 2012.
Gli scrittori che hanno collaborato al progetto hanno scelto una fotografia, sia essa personale o semplicemente una a cui sono affezionati, e a partire da questa hanno scritto un breve testo che la accompagnasse. Il risultato è senza dubbio originale, ma mette in mostra anche alcune scelte comuni che dimostrano come il rapporto con la fotografia sia in un certo senso universale; i testi, infatti, narrano sempre altro da ciò che l’immagine mostra, e ciò a riprova del fatto che la fotografia (personale) non è altro che un “pre-testo”, come dice la teorica Annette Kuhn, ovvero un elemento che si pone prima del testo, oltre che un pretesto di scrittura.
E’ senza dubbio curioso vedere alcuni scrittori, inventori di storie di professione, cimentarsi con la propria vita, confrontandosi con frammenti del proprio passato e con le logiche della propria memoria. Essi, con questo sforzo, mostrano come il lavoro della memoria di fronte al proprio passato sia universale.
- Genere: Antologia
- Altro: Contributi critici di Giorgia Tolfo e Ivana Margarese