Vetrina. “L’età dei miracoli”
Il deludente esordio narrativo di Karen Thompson Walker
Alcuni libri piacciono, altri tengono col fiato sospeso e provocano emozioni, altri ancora, come L’età dei miracoli di Karen Thompson Walker, suscitano sentimenti che confinano con l’indignazione.
Bella l’idea di partenza: Julia, la voce narrante, ricorda gli eventi accaduti quando, sulla Terra, si verifica un processo chiamato “rallentamento”. La tv e i mezzi di informazione annunciano che la velocità della rotazione terrestre sta diminuendo, col conseguente allungamento dei cicli di alternanza tra giorno e notte. Non si conoscono le cause, né esiste una soluzione: il rallentamento comincia a provocare una serie di effetti, diretti e indiretti, a cui l’uomo non può far altro che adattarsi. La durata dei giorni e delle notti si dilata fino alle 72 ore, gli uccelli muoiono così come la vegetazione, le temperature aumentano durante i periodi di luce, alternandosi a notti gelate, si diffondono nuove malattie. Julia, che all’epoca dei fatti ha 12 anni, vive i passaggi delicati di un’adolescenza solitaria, in un contesto familiare complicato, e in un mondo in cui non esiste nessun tipo di certezza su cosa accadrà. La società comincia a disintegrarsi, le autorità impongono il “tempo dell’orologio” al fine di preservare l’ordine sociale, così, spesso, la mezzanotte cade in pieno giorno e la sveglia per la scuola suona a notte fonda.
L’idea centrale del romanzo e gli spunti che da essa nascono sono molto interessanti, lo stile di scrittura è semplice, e questo non è necessariamente un male, ma il testo è costellato dalla reiterazione di termini e concetti, e da una scarsa cura nella costruzione di molte frasi – ad esempio: «Era una donna che si coltivava l’agropiro che le serviva nella serra dietro casa e poi si preparava il suo succo di agropiro».
Tutta la narrazione è punteggiata dal tema del ricordo, ribadito in maniera ossessiva. Le descrizioni risultano monotone e ridondanti. Ci viene propinato fino allo sfinimento l’uso di tre verbi: “luccicare”, “splendere”, “brillare”, come se a scrivere fosse una gazza ladra. Il sole splende sempre, così come luccicano, splendono o brillano cose ovvie come le stelle, gli alberi di natale, gli orecchini, e cose improbabili come le strisce pedonali, i campi da calcio, i peli sulle gambe, i pesci morti, le spalle nude, l’aria umida. La stessa noiosa ripetitività riguarda le sensazioni uditive: nel mondo della Thompson tutto scricchiola, i freni dell’auto, la credenza, il pavimento, le ruote dello skate, tutti i tipi di scarpa, le sedie, le porte, i prati artificiali.
Il processo che porta dalla nascita di un libro alla sua pubblicazione è lungo e, talvolta, tempestoso. Probabilmente L’età dei miracoli avrebbe potuto ricevere un editing più accurato. L’indignazione sta in questo, tanto più che l’autrice fa l’editor di mestiere: con una cura maggiore e un finale un po’ meno evanescente, il suo sarebbe potuto essere un buon libro e un ottimo esordio narrativo.
- Genere: Narrativa straniera
- Altro: Traduzione di Silvia Stramenga