Libri

Vetrina. “Alta definizione”

Mariangela Sapere

Un moderno romanzo di formazione, diseducativo e privo di ideali “alti” e sogni da seguire. Il ritratto amaro della solitudine contemporanea. 

Alta definizione di Adam Wilson potrebbe essere visto come il romanzo di formazione delle nuove generazioni, in particolare di quei giovani adulti, benestanti, contornati da beni materiali, che vivono una carenza di beni non acquistabili, come il calore di una famiglia normale.

Eli Schwartz, che si definisce un “borghesuccio strafatto con il papino ricco” è un ragazzo ebreo, poco più che ventenne, che assiste al disfacimento del proprio nucleo familiare a cui si accompagna quello prematuro del proprio fisico. Con il padre preso da una nuova famiglia, la madre sull’orlo della depressione e il fratello lontano per gli studi, passa il tempo stordendosi con le droghe, i porno sul web e la tv, sepolto nel seminterrato. La sua vita sociale si limita agli incontri con il pusher e con qualche cassiera del negozio di prelibatezze gastronomiche da cui si serve per cucinare, sua unica passione e abilità. La vendita della casa di famiglia rende inevitabile il progressivo declino. Eli sente forte il peso di più mancanze, ma anziché chiedere aiuto si accartoccia su se stesso: «”Tutti bene” disse mamma. “Stiamo tutti bene”. “Io non sto bene” dissi a voce bassa bassa, così che nessuno mi sentisse».

Si aggrappa anche ad un nuovo amico, Seymour Kahn, ex star tra le comparse di Hollywood, sulla sedia a rotelle, consumato dalla vita e dalla dissoluzione, con cui condivide una china discendente e da cui cerca disperatamente di trarre lezioni di vita, come fosse un padre suppletivo. In qualche modo, grazie a lui, Eli si troverà a vivere un evento molto forte, il cosiddetto fondo da toccare prima di risalire. Ma a differenza dei finali alternativi da film, che l’autore propone lungo la storia, la vita vera, anche quella di chi nasce tra i privilegi, non ha lieti fini rapidi, predeterminati e inevitabili.

Alta definizione è la buona opera prima di Adam Wilson, che padroneggia una scrittura amara, ironica e commovente. Flatscreen, il titolo originale del romanzo, rende meglio il mood generale dell’opera: lo schermo piatto infatti è sia quello ad alta definizione di cui Eli si nutre, sia quello che rappresenta l’indolente periodo di vita del protagonista. Wilson è stato capace di trasmettere la sensazione di solitudine, l’estremo bisogno di amore da cui scaturisce la necessità di aggrapparsi a qualunque appiglio la vita ti offra, il vuoto che permea gli spazi tra esseri umani che, pur vicini, faticano ad incontrarsi. La storia è punteggiata da elenchi, finali alternativi, surreali ricette inventate dal protagonista e citazioni cinematografiche: un mix che nell’insieme rende promettente l’esordio di Wilson. Non ci resta che attenderlo alla seconda prova. 


  • Genere: Romanzo
  • Altro: Traduzione di Lorenzo Bertolucci

Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti