Arti Visive

Tina Modotti a Verona. Note a margine di una mostra

Gabriella Bologna

 

Musa, attrice, attivista, ma soprattutto fotografa: Tina Modotti (1896-1942) è stata una straordinaria figura del Novecento. Il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona le rende omaggio con una retrospettiva realizzata dall’associazione culturale Cinemazero in collaborazione con il Comune di Verona e Silvana Editoriale.

Si chiude oggi la mostra che ripercorre con oltre 100 fotografie la vita e la carriera di Tina Modotti, dai primi scatti, influenzati dal compagno Edward Weston alle ultime immagini realizzate a Berlino. Nota soprattutto per aver documentato il Messico post-rivoluzionario negli anni Venti, questa fotografa ha portato avanti un’instancabile ricerca estetica e tecnica che ha prodotto scatti di altissima qualità. Modotti tuttavia, non fu mai a suo agio con la definizione di fotografia come arte: “quando le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo…” scriveva. “Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.”.

La fotografia impegnata di Tina Modotti segue le vicende della sua vita tutt’altro che banale. Nata a Udine da una famiglia modesta, si trasferisce a San Francisco a soli 19 anni con il padre. Qualche anno dopo sposa un pittore e si sposta a Los Angeles dove inizia una breve carriera di attrice del cinema muto. Qui incontra il fotografo Edward Weston di cui diventa collaboratrice e amante e con cui si trasferisce in Messico dove inizia il suo attivismo politico nel Partito Comunista Messicano e realizza alcuni tra i suoi scatti più celebri.

Quella su Tina Modotti è l’ultima mostra degli Scavi Scaligeri di Verona. Lo spazio espositivo, inaugurato nel 1996, chiuderà per lavori di messa in sicurezza. Non ci sono tempi certi sulla sua riapertura, anzi sembra che la chiusura possa essere definitiva. I motivi? Economici.

D’altra parte, quando un “Centro Internazionale di Fotografia” non ha una direzione artistica, comunica attraverso un sito web fino a qualche mese fa imbarazzante, non ha soldi per organizzare iniziative come convegni, workshops internazionali, incontri e punta su mostre talvolta di richiamo, ma in alcuni casi “vecchie” di dieci anni (come rilevò Artribune nel 2013 a proposito della mostra su René Burri), non stupisce che non ci siano grandi folle di visitatori.

Il Comune purtroppo non ha mai scommesso davvero su questo spazio dalle altissime potenzialità, in pieno centro storico, restaurato da Libero Cecchini con l’intento di renderlo al tempo stesso una straordinaria testimonianza archeologica dell’antica città romana e uno spazio espositivo funzionale. Questo è il risultato, e a poco sono valse finora le proteste dell’Associazione Verona Fotografia, che ha lanciato una campagna con l’hasthag #scaviaperti.

E mentre a Verona chiude questo luogo unico dedicato alla fotografia, Torino si prepara ad aprirne uno nuovo: Camera. Centro Italiano per la Fotografia. Uno spazio espositivo di 800 mq. in centro città, un osservatorio sulla fotografia nazionale e internazionale, una piattaforma di incontro e ricerca guidato da Lorenza Bravetta (già Direttore di Magnum Photos). Un’istituzione che occupa il vuoto lasciato dalla chiusura di un luogo di eccellenza come la Fondazione Italiana della Fotografia.

E a Verona chi prenderà il posto degli Scavi Scaligeri?

 

 



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