Arti Performative

Teatro di San Carlo // Alice in Wonderland

Maria Ponticelli

Alice in Wonderland è il romanzo fantastico di Lewis Carroll, un’opera che dal 1865 (anno della prima pubblicazione) ad oggi ha suggestionato la mente di tanti artisti subendo numerose trasposizioni sia in chiave cinematografica – da Walt Disney a Tim Burton – sia in chiave performativa, teatrale o coreutica che sia.

Ma dove si trova il paese delle meraviglie di cui parlava Carroll nel suo celeberrimo romanzo? Il paese delle meraviglie, alla luce di quanto raccontato dallo stesso autore, si trova ovunque la nostra immaginazione sia in grado di arrivare e pertanto non ha limiti di estensione e non ha un aspetto convenzionale; il “paese delle meraviglie”, in altre parole, è dappertutto ed al tempo stesso…non esiste. Non c’è da meravigliarsi quindi se, nel mettere in scena il balletto ispirato alla favola di Alice,  il San Carlo – teatro Massimo della città partenopea – riesce a fondere completamente l’opera dello scrittore inglese con le strade, i colori e il caos della città di Napoli.

Come non pensare in fondo a Napoli come a una Wonderland?!

L’identificazione avviene già prima che lo spettacolo abbia inizio e, proprio come se il capoluogo campano fosse il paese delle meraviglie, i personaggi della favola spalancano le porte del teatro, questa volta non per ricevere il pubblico ma per invadere le strade della città sotto gli occhi increduli e divertiti dei partenopei e dei bambini che, nasi all’insù e bocche aperte, guardano i saltimbanchi nei panni di Alice, del Bianconiglio e della regina di cuori che con allegria e disinvoltura passeggiano tra la folla del centro storico. Il flash mob, che rappresenta un unicum per i teatri d’opera, ha avuto luogo il 6 maggio scorso ed ha visto la partecipazione di migliaia di persone tra cui tanti bambini che si sono fatti interpreti dell’esercito delle carte da gioco della temibile Regina di cuori.

La wonderland partenopea continua poi ad essere protagonista entrando a far parte delle scene del balletto attraverso le proiezioni di Sergio Metalli che introducono l’intero spettacolo e lo accompagnano per tutta la sua durata con un largo uso di visuals che riproducono immagini di un mondo fantascientifico ed effetti in 3D, ricreati attraverso le proiezioni su un particolare telo anteposto all’intera scena.

La scenografia, curata dallo scenografo Andrea Tocchio, non si distingue però solo per il lavoro multimediale che ne è alla base ma anche per il linguaggio simbolico di cui essa si fa portatrice: la prima scena, ad esempio, si compone del grande orologio, elemento distintivo della fiaba, che dà su un fondo da quinta scoperta, dove i numerosi attrezzi di scena in bella vista rendono perfettamente l’immagine di ordinarietà da cui il racconto prende le mosse per trasferire poi l’intera narrazione in un ambiente del tutto surreale.

Le scene da sole quindi sarebbero capaci di catalizzare totalmente l’attenzione del pubblico se non fosse che le coreografie di Gianluca Schiavoni, magistralmente eseguite dal corpo di ballo del San Carlo diretto da Giuseppe Picone, incantano letteralmente gli spettatori conducendoli a spostare di continuo lo sguardo da un punto all’altro del palcoscenico nell’inseguire il volo elegante e leggero dei danzatori.  La conduzione del tutto è affidata al Direttore Alberto Nanetti che guida l’orchestra del Teatro di San Carlo nell’esecuzione delle musiche di Cajkovskij e di Khachaturian, originariamente non destinate alle mise en scène dell’opera letteraria.

Nei panni di Alice si sono alternate l’étoile spagnola dello Stuttgart Ballet, Alicia Amatriain, e Luisa Ieluzzi, talentuosa ballerina della compagnia stabile. Il Bianconiglio invece, che guida la piccola protagonista nel paese delle meraviglie è stato interpretato dalla danza senza gravità di Salvatore Manzo. Numerosi altri sono i danzatori della compagnia che attraverso il loro talento sono riusciti a tradurre in grazia ed armonia il racconto dello scrittore inglese il cui primo manoscritto portava il titolo di Alice’s Adventures Underground, ovvero Le avventure di Alice nel sottosuolo.

Alice in Wonderland è un romanzo che ha travalicato i confini del tempo e delle culture: esso è stato infatti tradotto in numerose lingue ed è tutt’oggi oggetto di studio in differenti ambiti come la psicoanalisi, la pedagogia e le arti visive, solo per citarne alcuni. È curioso quindi notare come le numerose trasposizioni nei diversi linguaggi delle arti non ne hanno intaccato la narrazione originale arricchendola, perdipiù, di ulteriori sfumature e significati che, paradossalmente diventano col trascorrere del tempo sempre più densi e pregni.

Si, perchè Alice è una favola antica ma è anche un racconto dei tempi moderni.

Le atmosfere psichedeliche che lascia immaginare così come i suoi personaggi strambi, benchè nati dalla mano di uno scrittore vissuto nel diciannovesimo secolo, sono l’emblema di tutta quanto oggi esista in termini di complessità psicologica e di distorsioni socio-relazionali.

Alice in Wonderland non è un balletto di danza contemporanea, perchè ispirato ad una delle opere più note della letteratura di tutti i tempi la cui trama impone un canovaccio da rispettare, tuttavia il racconto contiene in se’ elementi di duttilità che aprono a infinite possibilità creative ed a nuovi orizzonti dell’immaginazione. La messa in scena che il Teatro di San Carlo ha ospitato dal 14 al 20 maggio può essere pertanto annoverata come un chiaro esempio di reinterpretazione creativa e al tempo stesso fedele.



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