Arti Visive

Raccontare la street art. Intervista a NemO’s

Gabriella Bologna

Osservare, comunicare, sperimentare, abbattere le barriere tra chi fa street art e chi la guarda. Tutto questo e molto di più ci racconta NemO’s in questa intervista. 

 

Nella biografia sul tuo sito web parli dell’importanza del significato nell’arte e di come esso sia universale tra paesi e lingue diverse. Puoi spiegarci meglio cosa intendi?

“Un artista o più semplicemente una persona che disegna e si esprime, se ha la possibilità di essere ascoltato allora ha il dovere di comunicare qualcosa”.

Da sempre il disegno è stato utilizzato per comunicare e per raccontare.

L’espressione grafica è stata uno dei primi mezzi e modi di tramandare e trasmettere idee e pensieri.

Disegnare non vuol dire eseguire perfettamente una tecnica o raggiungere una perfezione estetica. Al contrario dipingere è staccarsi da tutti quei virtuosismi che ci incantano quando guardiamo qualcosa di solo bello. Disegnare è comunicare, riuscendo ad abbattere i muri delle lingue dei confini geografici e delle differenze sociali. Io disegno per parlare di cose che penso, per criticare, discutere, commentare e per polemizzare.

Ho sempre pensato che disegnare ed esprimersi graficamente sia un atto di grande responsabilità. Oltre a questo aspetto credo che la ricerca tecnica sia molto importante non come semplice forma di virtuosismo ma come mezzo per costruire un racconto.

 

C’è qualche artista che ha influenzato il tuo lavoro?

La maggior ispirazione la traggo dalle persone. Mi piace molto osservare la “vita”, i comportamenti degli uomini e i loro modi di fare.

Come diceva Charles Bukowski “la gente è il più grande spettacolo del mondo, e non si paga il biglietto”.

Tra gli artisti che apprezzo di più: Cronemberg, Winsor Mccay, Kafka, Gerard Scarfe, Pablo Amargo, Bred Holland, Picasso, Bacon, Patricia Piccinini, Sun Yuan e Peng Yu, Tom Yorke, Antonio Ligabue.

 

Come interagiscono i tuoi disegni sul contesto urbano e qual è il messaggio sociale nelle tue immagini?

 Credo che “fare Street Art” non sia semplicemente realizzare un disegno bello per strada o su un muro. La “Street Art” è qualcosa che va oltre un semplice disegno su una parete. L’interazione “urbana”, il rapporto con le persone del posto, lo scambio di parole o semplicemente l’immergersi nella vita che popola un luogo è per me fondamentale.

Con i miei lavori cerco sempre di utilizzare, trasformare, inglobare, far scomparire gli elementi urbani ed architettonici preesistenti.

La cosa interessante è che “l’artista” si trova di fronte ad una superficie che presenta già degli elementi (porte, finestre, cartelli, buchi o qualsiasi cosa esista) che non possono essere cancellati o rimossi. L’abilità e la grande potenza della “Street Art” è quella di riuscire ad assecondare questi elementi, costruendo un disegno che riesca ad unire e ad utilizzare più particolari possibili.

Un altro aspetto molto importante del lavorare in strada è quello di “coinvolgere” la realtà sociale del posto.
Disegnare su un muro pubblico è anche “connettere” la realtà e la vita del luogo con quello che si sta rappresentando.

Un disegno per strada crea per sua natura delle dinamiche emotive che possono dar vita a qualcosa, ad un processo.
La parola “Street Art”, o per lo meno il concetto che ci sta dietro, viene troppo spesso abusata da artisti dell’ultimo minuto e organizzatori di eventi.
Nel nome dell’estetica e del bello vengono organizzati costosi interventi murali in zone periferiche o marginali che di tutto hanno bisogno meno che di qualcosa di semplicemente bello.

L’arte urbana, e se vogliamo in questo caso l’arte usata come riqualificazione, deve dare vita a dei processi che vanno più in la di un semplice intervento estetico ma che sono in grado di creare uno scambio tra l’opera stessa e chi la vive quotidianamente passando sopratutto dall’artista.

Riguardo a quel che disegno, la mia natura polemica e non del tutto serena, mi porta a concepire i personaggi umanoidi che fanno da protagonisti nei miei disegni. La condizione sociale, le costanti contraddizioni, le ipocrisie, il nauseante perbenismo mi hanno portato a sviluppare una reazione di apatia e depressione verso l’essere umano e la società nella quale siamo costretti a vivere.

Sono un osservatore delle dualità umane con una predilezione per l’umorismo macabro e il cinismo. D’altra parte mi pervade un senso di meraviglia per il potenziale umano temperato dal disgusto per la nostra debolezza e follia.

I miei personaggi sono la traduzione grafica di quel che sento e quel che provo ogni giorno. Ho cercato di imprigionare la fatica, le tristezze, le ansie e il disgusto nei corpi molli e deformi dei miei disegni nascondendo tra le rughe di quelle carni flaccide l’umiliante condizione umana.

Le scene che rappresento sono paradossi, incubi che mi aiutano a descrivere scene di vita reale e di un mondo pieno di contraddizioni.

 

Quali sono gli effetti cromatici e sensoriali su cui lavori e le diverse “tessiture” con cui crei i tuoi disegni?

Ho iniziato a dipingere nel periodo in cui l’arte di strada (Writing e Street Art) si esprimeva con i colori a spray, una tecnica che ritenevo troppo irruenta e distaccata e che quindi crescendo ho abbandonato per utilizzare acrilici e pennelli. La bomboletta, per sua natura, elimina il contatto con la superficie della parete cancellando qualsiasi sensazione tattile ed emotiva che può nascere da materiali e muri differenti. I pennelli e le vernici invece, si conciliavano maggiormente con il mio modo poco frenetico di lavorare.

Il passo successivo è stato l’approfondimento teorico della “Street Art” unito alla mia esperienza pratica, che ha fatto nascere la necessità di utilizzare materiali che venissero dalla strada e che quindi non fossero stati creati appositamente per disegnare. Così ho iniziato a cercare pezzi di carta in discariche o in luoghi abbandonati usandoli per riempire/colorare i miei disegni, in modo da ridurre al minimo l’utilizzo di prodotti industriali. Dapprima ho adoperato semplice carta bianca o al più grigia, per poi sceglierla di colori differenti che variavano a seconda dell’impasto. Ho poi scoperto che il tempo e il sole scuriscono o stingono la carta, creando toni e intensità cromatiche differenti, tanto da poter sostituire del tutto i colori acrilici che avevo fin qui utilizzato: a questo punto l’unico materiale da comprare era la tinta nera, indispensabile per la definizione dei contorni.

 

Puoi parlarci del tuo progetto “Before and after“?

Pensando sempre a cosa fosse per me la “Street Art” cercai un modo di abbattere ulteriormente le barriere tra chi guardava e viveva il disegno per strada e colui che lo realizzava.

Data la natura della carta, che resiste poco all’azione del tempo, agli agenti atmosferici e che al contrario della pittura rimane un materiale plastico che si può toccare e modificare, decisi di unire l’utilizzo del collage alla pittura acrilica. Da qui nacque il progetto “Before and After”Collage.

Realizzando parti del mio disegno ad acrilico e parti con la carta, posso giocare con le differenti qualità e caratteristiche di questi due materiali.

Le parti disegnate ad acrilico rimangono nel tempo mentre gli elementi realizzati con la carta sono soggetti all’azione degli agenti atmosferici e all’azione delle persone. Disegno le ossa ad acrilico per poi rivestire lo scheletro con un sottile strato di carta che simula la pelle.

La carta cadendo e venendo strappata lascia intravvedere sempre di più il disegno dipinto sottostante in modo da rendere il mio lavoro mutevole ed in costante trasformazione. Facendo così il tempo e l’azione delle persone contribuiscono all’evoluzione – trasformazione di ciò che avevo iniziato.

Tutti coloro che guardano, commentano, strappano e modificano il mio disegno sono NemO’S.

Un passante può decidere se, come e dove strappate la carta in modo da interagire e modificare il disegno rendendo se stesso partecipe della “realizzazione” dell’opera. Facendo ho cercato il modo di veicolare la casualità del tempo, la libertà arbitraria e l’azione delle persone su un disegno in costante mutamento in modo da non escludere nessuno in un processo creativo che per sua natura deve appartenere a tutti.

 

NELLA FOTO: una delle immagini di “Before and After” a lavoro appena finito e dopo che la carta si è sgretolata lasciando intravedere lo scheletro.

 

 

 



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