Arti Visive

Lost in the MART. La guerra in scena al museo

Gabriella Bologna

Inaugurata il 4 ottobre al MART di Rovereto, la mostra “La guerra che verrà non è la prima. Grande guerra 1914-2014” riflette sui conflitti degli ultimi cento anni.

 

Non è una mostra facile da interpretare, quella che il MART propone con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in collaborazione con la Soprintendenza per i beni culturali della Provincia di Trento, il Museo Storico Italiano della Guerra, l’Università di Trento, la Provincia di Trento e altre istituzioni culturali.

Il progetto diretto da Cristiana Collu, a cura di Nicoletta Boschiero, Saretto Cincinelli, Gustavo Corni, Gabi Scardi, Camillo Zadra, parte dalla prima guerra mondiale per aprire un’indagine che attraversa tutto il secolo e arriva ai conflitti di oggi. L’esposizione presenta opere dei futuristi Giacomo Balla, Fortunato Depero e Gino Severini, provenienti dalla collezione del MART, Lida Abdul, Enrico Baj, Yael Bartana, Alberto Bregani, Alberto Burri, Alighiero Boetti, William Kentridge, Eric Baudelaire e molti altri, ma anche cartoline, lettere, diari, documentari e reperti della grande guerra che collegano il museo al territorio trentino, uno dei teatri più sanguinosi del conflitto. Esposte anche opere di artisti inediti al pubblico italiano come la serie completa delle grandi xilografie di Sandow Birk sulla guerra in Iraq ispirate alle 18 xilografie del ciclo seicentesco Les Grandes Misères de la guerre di Jacques Callot.

La mostra ha il merito di proporre una narrazione attraverso molteplici punti di vista (storia, arte, politica, antropologia), ma la scelta di un allestimento realizzato senza soluzione di continuità, che secondo i curatori permette al visitatore di scegliere “autonomamente da quale ingresso cominciare il proprio percorso e come costruirlo, affrontando la mostra e il suo tema in totale libertà”, è un’arma a doppio taglio. Se da un lato scardina l’idea della mostra con un unico punto di vista, quello del curatore, dall’altro non valorizza a sufficienza le connessioni che l’esposizione stessa ha inteso creare ma non sempre arrivano al pubblico. Non costruire un percorso cronologico, né diviso in sezioni tematiche è rischioso: nella grande quantità di opere esposte, alcune di altissima qualità, il visitatore vaga senza punti di riferimento tra i materiali più disparati. 



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