La danza ‘emotiva’ di Riva&Repele in scena a Montepulciano con “Lili Elbe Show”
La storia vera dell’artista transgender che ispirò il film The Danish Girl, icona dei diritti civili, si esprime nella nuova creazione Lili Elbe Show commissionata dal 46° Cantiere Internazionale d’Arte a Sasha Riva e Simone Repele, in arte Riva&Rapele: sul palcoscenico insieme alla stella Silvia Azzoni (già protagonista con Roberto Bolle), Yumi Aizawa, Jamal Callender e agli allievi delle scuole di danza del territorio toscano. L’appuntamento è a Montepulciano (Siena), stasera 29 luglio alle 21.30, tra le architetture monumentali di Piazza Grande con la scrittura coreografica di Riva&Repele che esplora il demone dell’insoddisfazione umana.
Abbiamo intervistato la coppia di danzatori per comprenderne meglio il connubio artistico e la sua cifra coreografica.
Sasha Riva e Simone Repele, voi venite sicuramente da una formazione classica, accademica, ma avete scelto di orientare il vostro lavoro al neoclassico e al contemporaneo. Premesso che le etichette in tal senso sono molto relative, quale cifra stilistica ritenete più vicina a questo vostro ultimo lavoro?
Come hai detto le etichette e le incastellature stilistiche sono molto relative, soprattutto per noi. È la sostanza ciò che conta. Vedendo lo spettacolo e pensando a un vocabolario coreutico meramente tecnico viene istintivamente da pensare a un impianto neoclassico ma in realtà si tratta di un lavoro molto contemporaneo anche a livello di produzione e tematiche.
Come mai avete scelto di indagare sull’identità di genere traducendo in danza le fonti letterarie e cinematografiche del soggetto?
La scelta più che al materiale cinematografico è legata alla storia reale di Lili Elbe/Einar Wegner. Ovviamente abbiamo visto il film e vi abbiamo preso spunto, ma ci siamo concentrati soprattutto su alcuni momenti della sua vita reale e abbiamo creato attorno alla sua figura anche la nostra visione e ciò che volevamo rappresentare del suo conflitto. Ci sono infatti cinque caratteri. Ci sarà una parte storico-narrativa, ma attorno ai personaggi reali ci sono anche dei personaggi più astratti da noi pensati per la storia. La nostra è una versione molto liberamente ispirata alla storia vera, che non rispecchia il film, e alla psicologia del personaggio, con tutti i suoi spiriti e i fantasmi.
Lili Elbe tratta un tema attualissimo e per voi si configura come un progetto molto più autoriale e libero. Come l’avete strutturato?
Pur essendoci stato commissionato da Montepulciano abbiamo avuto carta bianca su ciò che volevamo creare. Ne è venuto fuori un balletto emotivo, psicologico, che indaga profondamente nell’animo umana e in tutte le sue contraddizioni. Lo abbiamo strutturato come un unico atto, in cui proprio nell’epilogo compaiono i vari caratteri e le molteplici anime del personaggio. Anche nella catarsi finale in cui Lui/Lei con l’aiuto della moglie riesce a ricongiungersi con la sua parte femminile emerge una grande ricerca psicologica ed emotiva.
Siete impegnati anche sul fronte della formazione?
Spesso diamo dei workshop, ed essendo anche noi molto giovani e ancora attivi come danzatori è sempre interessante lo scambio con i ragazzi.
Su cosa si bassa il vostro connubio artistico e che ruoli avete nel processo creativo?
Quando qualcosa è all’inizio tutto diventa una scoperta, un work in progress. Riusciamo a far combaciare elementi diversi. Abbiamo una visione molto simile ma siamo anche molto differenti l’uno dall’altro. Ad esempio, abbiamo diverse tematiche che vorremmo affrontare e che inseriamo in una lista in attesa di poterle realizzare. Abbiamo idee diverse, vediamo cosa funziona meglio sia sul piano drammaturgico sia coreografico. Non costruiamo tutto subito, abbiamo delle idee, andiamo in sala, cerchiamo di dargli una linea, di montare una scena, di pulirla… poi magari il giorno dopo disfiamo tutto e ricominciamo da capo. Quando si crea è così, un processo in continua evoluzione.
Spesso riprendete brani del repertorio neoclassico come ad esempio i Ballets Russes di Djaghilev. In cosa li rivisitate?
Un esempio in tal senso è sicuramente Pulcinella. Ci è stato commissionato in un momento di molte restrizioni a causa del Covid. Potevamo danzare solo noi due in scena, in quanto coppia anche nella vita. Non abbiamo dato attenzione ai classici. Sappiamo bene ciò che era stato creato e volevamo mantenere il ‘senso’ della maschera di Pulcinella senza però sfociare troppo nell’astratto e nel concettuale, per costruire secondo la nostra idea più personale. Abbiamo voluto dare più attenzione alla musica e all’emotività del carattere.
Avete progetti imminenti dopo Montepulciano?
Sì, danzeremo in due spettacoli, Pulcinella e L’uccello di Fuoco di Marco Goecke e dopo abbiamo una residenza coreografica al Teatro Canal di Madrid da metà settembre a metà ottobre.
[Immagine di copertina: foto di Angelina Bertrand]