Il tallone d’Achille dei Bronzi di Riace
A otto mesi dalla riapertura, il Museo Nazionale di Reggio Calabria espone i Bronzi di Riace ma non le sue preziose collezioni archeologiche.
Non vi piacciono i musei archeologici? Il Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria è quello che fa per voi. Progettato da Marcello Piacentini negli anni Trenta, e chiuso dal 2009 al 2013 per restauri, oggi è aperto solo parzialmente al piano terra, mentre restano inaccessibili gli altri tre livelli. Pochissimo spazio, dunque, disponibile per esporre le collezioni archeologiche che infatti, a eccezione degli straordinari Bronzi di Riace e di poche altre pregevolissime sculture che si contano sulle dita di una mano, non ci sono.
Una parte dei pochi spazi aperti al pubblico è stata però adibita all’esposizione di un arazzo fiammingo del XVII secolo di Jan Leyniers appartenente al Museo Diocesano di Locri/Gerace e all’allestimento di due mostre temporanee: I Bronzi di Riace. Nostos. Il ritorno, con opere di quattordici “maestri” contemporanei che hanno interpretato le due statue (Bruno Barla, Andrea Branzi, Giuliana Cunéaz, Riccardo Dalisi, Marco Dezzi Bardeschi, Josè Ignacio González, Ugo La Pietra, Alessandro Mendini, Franco Purini, Denis Santachiara, Marcello Sèstito, Nik Spatari, Liu Tiefei, Wang Jianzhong) e TerraOmnia® – Le vie Sacre dell’acqua, installazioni e sculture di Stefania Pennacchio a cura di Philippe Daverio. A proposito di questa mostra il sito web del MiBACT ci illumina sulle motivazioni, altrimenti incomprensibili vista la scarna biografia dell’artista: “TerraOmnia” nasce da un’idea di Philippe Daverio, che ha plasmato il termine con gli studenti dell’Università di Palermo per identificare il patrimonio dei beni culturali del Mezzogiorno e la necessità di valorizzarne le straordinarie ricchezze storiche e artistiche”.
Dunque, per valorizzare le ricchezze artistiche del sud Italia il museo tiene nei depositi gli straordinari reperti archeologici della Calabria ed espone altro. Il motivo sembra essere un ricorso a causa del quale il Consiglio di Stato ha sospeso l’assegnazione dell’appalto per l’allestimento delle vetrine. Eppure le pochissime sculture attualmente esposte sono senza vetrine, e ci chiediamo se quelle del vecchio allestimento fossero proprio inutilizzabili, almeno temporaneamente.
Se una delle principali missioni dei musei è quella di rendere fruibile e valorizzare le proprie collezioni, il Museo Nazionale di Reggio Calabria ha decisamente scelto, almeno per il momento, una strada diversa. A eccezione dei Bronzi di Riace, certo, quelli sì che sono valorizzati: per conoscere la storia delle due statue c’è solo un video nella sala cosiddetta “pre-filtro”, mentre lo spazio che le ospita contiene soltanto due pannelli dedicati all’ultimo restauro e alle basi antisismiche su cui sono posti. Per non parlare dei cellulari, che dovrebbero restare spenti ma vengono usati dai visitatori per scattare fotografie.
Quelli che dovrebbero essere i capolavori attraverso cui conoscere la storia della Magna Grecia in Calabria, diventano paradossalmente icone isolate che polverizzano il contesto culturale a cui appartenevano. Bastano i due Bronzi, pur nella loro incomparabile grandezza, a fare un museo? Certamente no.