Arti Performative Focus

Quella Lucida confusione tra sogno e realtà nel teatro di Rafael Spregelburd

Renata Savo

Spregelburd, l’Italia, e la regia. Il buon esempio incarnato da “Lucido” di Roberto Rustioni e Milena Costanzo

Che Rafael Spregelburd sia oggi una colonna portante della drammaturgia contemporanea su scala internazionale ci era chiaro ormai da diversi anni. Il merito va senza dubbio all’attenzione e all’intuito di Manuela Cherubini: con le sue traduzioni ne ha permesso l’ingresso in Italia, stimolando l’interesse di registi e attori verso lo studio delle sue opere coniugato alla pratica scenica. Lei stessa da lungo tempo prova a restituirne il senso più profondo, e notevole, certamente, dev’essere stato il suo sforzo in Bizarra, la prima soap opera teatrale: un vero e proprio banco di prova, in Italia, per chiunque voglia confrontarsi con la produzione dell’autore argentino.

Il tempo stravolto, i personaggi che dicono troppo senza poi dire nulla, con quella leggerezza e mancanza di tatto che abbondano sugli schermi televisivi. Ogni cosa che appartiene al loro passato viene contemplata come se dovesse già essere nota al suo pubblico, come se nel loro piccolo avessero detto già tutto di sé, altrove. Sembrano personaggi appena usciti da un reality show, presumibilmente “conosciuti da tutti”, e in un attimo già dimenticati. E qui, allora, nell’espressione della parola inaspettata, parzialmente fuori luogo (e quindi verosimile anche nell’assurdo) si crea quella faglia tra lo spettatore e il personaggio, aggiungendo senso al senso per svelare le possibili contraddizioni del linguaggio, i limiti, suoi e del mondo, innescando scoppi di ilarità incontenibili. Bastano una parola, due secondi di buio in scena, per riformulare il tempo della narrazione, situazioni, rapporti tra i personaggi, costringendo lo spettatore allo sforzo continuo ogni volta di rimontare il tutto, incrinando qualsiasi possibilità di capire cosa accadrà o cosa è già accaduto; nel sogno, nella realtà oppure in un’altra dimensione parallela.

Questo, e molto altro, è il mondo ritratto da Rafael Spregelburd. Complesso, senz’altro. Le ultime regie ronconiane lo hanno dimostrato. Penso a La Modestia che vidi al Teatro Argentina due anni fa: l’errore di Ronconi risiedeva probabilmente nelle scelte interpretative che non rispecchiavano la duplice caratterizzazione richiesta dal testo, così come nel “peccato” di voler stra-fare. E se non era riuscito Luca Ronconi a donare linfa vitale alle opere di Rafael Spregelburd, forse nessun altro avrebbe potuto essere all’altezza delle sue intenzioni. Forse. Per fortuna si ha sempre tempo e modo di ricredersi.

Al Teatro Vascello, infatti, qualche settimana fa è andato in scena Lucido di Fattore K, con la regia di Milena Costanzo e Roberto Rustioni.

Il testo prevede quattro attori sul palcoscenico: una madre, due figli, e un uomo che interpreta il personaggio secondario del sogno del figlio e il compagno della madre in quella che dovrebbe essere la vita reale.

La figlia, Lucrezia, ha donato dieci anni prima un rene al fratello malato, e ora ne rivendica la proprietà per salvare il marito. Questi non compare mai in scena, ma ne sentiamo parlare sotto un’ottica sempre differente, non facciamo che ricostruire la sua immagine a seconda delle caratteristiche pronunciate dagli altri. Il fratello, invece, è un visionario: ripete tutte le notti lo stesso sogno, ambientato all’interno di un ristorante sempre vuoto e dal personale poco affidabile. Un personaggio stravagante (ma d’altra parte, quale non lo è!), che in casa ha bisogno di vestire i panni della madre per costruire il proprio “io”, come suggerito dallo psicanalista da cui è in cura. Apprensiva verso di lui, la madre si mostra ostile con la figlia di cui sa poco o nulla, e non si comprende mai fino in fondo se la distanza affettiva nasca dall’indifferenza più dell’una o dell’altra. Impossibile separare il torto dalla ragione: la giovane donna, che spediva lettere ricevute e mai lette dalla madre, non metteva piede nella casa materna da dieci anni, e ora viene a esercitare i suoi diritti di proprietà sull’immobile. Poi c’è il cameriere del ristorante e, in un’altra dimensione, il nuovo compagno della madre: un personaggio misterioso e ambiguo, nonché la chiave di comprensione vera (o presunta tale) del testo. Riconosciuto dal figlio per essere l’uomo che serve al tavolo del ristorante in cui è ambientato il suo sogno, fa sorgere allo spettatore il dubbio che questo possa non essere il semplice ricordo di qualcosa equivalente al già vissuto dal figlio, ma un sogno dentro il sogno, o addirittura il sogno di qualcun altro.

E la regia di Roberto Rustioni non fallisce nella resa di questa tensione tra sogno e realtà, indicando attraverso l’utilizzo del buio e della luce la dialettica tra le scene, la separazione così come la loro continuità nell’ultima parte, dove lo spettacolo diventa un incastro di situazioni, una sorta di enigma irrisolvibile, sottolineando ancora una volta l’ambivalenza tra i due livelli, onirico e reale, in modo chiaro e puntuale; rispetta quella leggerezza e spessore politico – nel senso più ampio di riflessione continua, di apertura di orizzonti, soprattutto linguistici – che spesso non vengono concessi all’autore sui nostri palcoscenici, forse perché riposto con troppa facilità accanto a Ionesco, sullo scaffale del Teatro dell’assurdo.

Questa giusta interpretazione ci fa ridere (formidabile Milena Costanzo nei panni della madre, Tetè, sottotono, invece, la recitazione dei due figli, in particolare di Maria Vittoria Scarlattei, Lucrezia) quanto il più frivolo degli spettacoli, ma ha il pregio assoluto di spingere oltre la nostra visione delle cose, smascherandone la superficie e l’assurdità, senza fronzoli o particolari artifici scenici. Allarghiamo così, con immediatezza lo sguardo, fino a scoprire qualcosa in più della natura umana, e persino di noi.


Dettagli

  • Titolo originale: Lucido
  • Regia: Milena Costanzo e Roberto Rustioni
  • Anno di Uscita: 2015
  • Cast: Milena Costanzo: Tetè // Antonio Gargiulo: Luca // Maria Vittoria Scarlattei: Lucrezia // Roberto Rustioni: Dario


Altro

  • Testo: Rafael Spregelburd
  • Traduzione: Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni
  • Assistente: Elisabetta Carosio
  • Oggetti di Scena e Costumi: Katiuscia Magliarisi
  • Luci e Fonica: Diego Labonia
  • Visto il: Domenica, 12 Aprile 2015
  • Visto al: Teatro Vascello, Roma

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