Musica Nuove Uscite

Courtney Barnett – Tell Me How You Really Feel

Carmen Navarra

Dimmi come ti senti veramente – traduzione alla lettera del secondo disco di Courtney Barnett – è un esperimento di sincera emozionalità. Tutta la musica racconta e si racconta al suo pubblico, ma qui l’esperienza della giovane “cantantessa” australiana (Melbourne, 1987) si tramuta nel bisogno di comunicare un malessere esistenziale, la solitudine che la spinge a cercare risposte che divengono nebulose nelle dieci tracce contenute in Tell Me How You Really Feel.

Nameless, Faceless, il singolo dal pop un po’slavato che ha anticipato l’uscita del disco, sintomatico di luoghi comuni finanche ancestrali che fanno sì che uomini e donne formino solitudini a sé stanti (“gli uomini hanno paura che le donne rideranno di loro, le donne hanno paura che gli uomini le uccidano”), raccoglie già l’eredità di quanto Barnett ha seminato a distanza di due anni da Sometimes I Sit And Think, and Sometimes I Just Sit. La debolezza di questo disco poggia sulla pedanteria dei bassi di Hopefulessness, disperata e cinica e nel rock molto poco lavorato di I’m Not Your Mother, I’m Not Your Bitch; a dispetto di una sensazione di generale transitorietà – come se questo fosse un disco destinato a non restare – due pezzi lo traggono in salvo in extremis: Need A Little Time, secondo singolo estratto, dove Courtney sforna un bellissimo riff di chitarra alimentato da parole dalla forza brutale (“apri il tuo interno, mostraci l’aspetto più lascivo”) e City Looks Pretty, esperimento indie rock in cui la solitudine diviene sferzante e imprescindibile, ma non onnipresente (“gli amici ti trattano come un’estranea e gli estranei come la loro migliore amica”).

Il radicalismo esistenziale che non ammette quasi mai aperture (complice la giovane età della cantautrice) e la mancanza di momenti di estrosa creatività rendono questo disco relativamente interessante. Probabilmente persone che provavano ad accettare con meno clamore la solitudine le avrebbero risposto: “non si è mai del tutto soli, disgraziatamente si è sempre con se stessi” (M. Yourcenar, Alexis, 1929).



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