Bansky a Gaza tra arte e guerra
La notizia dei nuovi wall paintings del celebre street artist Bansky a Gaza era apparsa a fine febbraio. Ora la polizia palestinese sequestra un’opera venduta a una cifra irrisoria.
È stato un viaggio coraggioso quello di Bansky, il più celebre street artist vivente, che nei mesi scorsi ha raggiunto in incognito la striscia di Gaza attraverso tunnel sotterranei per portare lì la sua arte. Tra le macerie della guerra ha girato un video e ha lasciato quattro graffiti di grande impatto, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo.
“If we wash our hands of the conflict between the powerful and the powerless we side with the powerful – we don’t remain neutral”. È con questo messaggio su un muro diroccato che l’artista britannico dichiara la sua posizione nei confronti del conflitto israeliano palestinese. E con altre immagini, che nella loro apparente innocenza (un gattino bianco, una giostra per bambini), denunciano le atrocità di quella guerra e l’indifferenza del resto del mondo.
Ma è la dea greca Niobe ispirata al Pensatore di Rodin l’opera che ha fatto discutere in questi ultimi giorni. Dipinta su una porta di un edificio completamente distrutto, è stata venduta dal proprietario per circa 175 dollari a un artista palestinese. Quando però il venditore ha scoperto il reale valore dell’opera, di gran lunga più alto, ha accusato il compratore di frode, e l’opera resterà sotto sequestro finché il tribunale non si pronuncerà a riguardo.
Non è la prima volta (e non sarà l’ultima) che un’opera di Bansky viene strappata da un muro per essere venduta. Anche il gattino dipinto su un altro muro di Gaza ha rischiato di fare questa fine, ma il proprietario dell’edificio si è opposto, e il perché lo ha spiegato alla CNN: “Ho ricevuto tantissime offerte ma non ho alcuna intenzione di venderlo. È un graffito dell’artista più famoso del mondo e non posso darlo via. Sta lì dove un tempo c’era la mia casa. Ho rimosso le macerie, ma il muro resta lì”.
Se è vero che i wall paintings di Bansky hanno un senso perché pensati per il contesto in cui sono stati realizzati, ciò è ancora più vero se sono stati creati tra le macerie di Gaza. La storia di opere d’arte sottratte al luogo originario per cui erano state create è vecchia di secoli. Eppure, vedere i marmi del Partenone sull’Acropoli di Atene, e non al British Museum, farebbe tutto un altro effetto. E, per rimanere in Italia, bisognerebbe andare al Museo di Aidone e al vicino sito archeologico di Morgantina in Sicilia per scoprire perché la straordinaria statua greca della dea Afrodite non poteva restare al Getty Museum di Los Angeles ma doveva tornare a casa.