La Notte della Taranta 2018 @ Melpignano (LE)
Il festival musicale de La Notte della Taranta, che si tiene a Melpignano in provincia di Lecce, è giunto al suo ventunesimo compleanno. Il festival nasce per iniziativa dell’Istituto Diego Carpitella e dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina, un consorzio di Comuni della provincia di Lecce che condivide la cultura ed in parte la lingua (un dialetto di derivazione greca ibridato da influenze neolatine e che sopravvive in alcune aree di questa zona ellenofona). In questi ventuno anni, il festival è stato il vettore della cultura e della storia musicale salentina in Italia e nel mondo, portando pian piano l’autenticità di una tradizione locale in un contesto internazionale. La prima edizione della Notte della Taranta, diretta dal maestro concertatore Daniele Sepe, risale al 1998 quando il 24 agosto, nel piccolo e fino ad allora semisconosciuto comune di Melpignano, in piazza San Giorgio (rivelatasi solo due anni dopo troppo piccola per accogliere i numeri del concertone), si incontrarono per la prima volta cantori e musicisti della tradizione musicale salentina; due nomi tra tutti: il Canzoniere Grecanico Salentino e i Tamburellisti di Torrepaduli. Il concerto nasceva come progetto sperimentale, nessuno allora tra gli organizzatori poteva immaginare che sarebbe stato solo l’inizio di un grande evento e che sarebbe stato riproposto di anno in anno.
L’inizio del nuovo millennio segna un’ importante svolta nella storia della Notte della Taranta; nel 2000 infatti il concertone abbandona piazza San Giorgio trovando casa nell’enorme piazzale dell’ex convento degli Agostiniani e diventa Festival. Esso arriva infatti come serata di chiusura di una serie di concerti concepiti secondo uno schema “a ragnatela” e disseminati come tappe in tutto il territorio della Grecìa Salentina. Fino al duemila quindi, tutti i concerti precedenti la Notte della Taranta si tenevano contemporaneamente, in un’unica data, sulle piazze grike per poi confluire nella serata finale di Piazza San Giorgio a Melpignano.
Si comincia con undici tappe nel 2000 per estendere, l’anno successivo, la tela del ragno ad altri comuni fuori dall’area della Grecìa. Il concerto è a questo punto diventato un appuntamento annuale e richiama ormai gente da tutta Italia fino ad assumere le sembianze di un raduno che raggiunge negli anni a venire anche numeri di 200.000 persone. La taranta esce fuori dai confini della Puglia salentina ed arriva ad appassionare giovani e meno giovani, persone dell’Italia settentrionale come quelle del sud ed addiritttura qualche straniero. Tutti sono attirati dal ritmo della musica popolare scandita a colpi di terzine sui tambureddi ed accompagnata dai passi della pizzica, la danza popolare che tradizionalmente costituiva l’accompagnamento del rito etnocoreutico del tarantismo. Nelle intenzioni dei promotori originari del festival però, vi era la chiara volontà di commistionare la locale musica folklorica con altre tradizioni musicali, innescando inevitabilmente una diatriba tra contaminatori e conservatori.
Così in più di vent’anni il palco del concertone è stato calcato da artisti di fama internazionale, molti dei quali rappresentanti di altri generi musicali, di radice etnica o folklorica, e diretto da maestri che ben hanno saputo studiare e proporre la contaminazione, a partire dal musicista ed arrangiatore Pietro Millesi, maestro concertatore delle prime edizioni, seguito da Steward Copeland, musicista della storica band dei Police. La direzione musicale sarà poi successivamente affidata per ben tre volte al musicista ed etnomusicologo Ambrogio Sparagna, il cui lavoro sarà coadiuvato per alcune edizioni dal cantautore Giovanni Lindo Ferretti (ex CCCP); saranno gli anni rock della Notte della Taranta, anni che vedranno avvicendarsi sul palco artisti del calibro di Franco Battiato, Gianna Nannini e Piero Pelù. Seguiranno poi gli anni della direzione di Mauro Pagani che vestirà di pop il concertone prima che esso passi a Pino Zimba, tamburellista amato nel Salento e che omaggerà la sua terra con una schiera di artisti pugliesi come gli Après la Classe, i Sud Sound Sistem e Caparezza. In anni più recenti la guida del concertrone è passata nelle mani del compositore Ludovico Einaudi che ha dato una virata in termini di contaminazione invitando artisti dall’Africa come Ballakè Sissoko, gli irlandesi Chieftains, il polistrumentista e dj turco Mercan Dede ed altri nomi di grande fama nel panorama musicale internazionale. Stesso discorso per Goran Bregovic che dirigerà nel 2012 l’ensemble della Notte della Taranta dimostrando di saper magistralmente coniugare gli ottoni della musica balcanica con tamburi e fisarmoniche della tradizione musicale salentina. Nel 2016 il concertone si tinge di rosa per la prima volta con la direzione di una donna, la “cantantessa” Carmen Consoli che predisporrà un cast di ospiti esclusivamente femminile. Bisognerà poi aspettare altri due anni prima di rivedere una donna alla guida dell’orchestra e precisamente la musicista Andrea Mirò, che succede, nell’ultima edizione trascorsa da pochi giorni, alla direzione del maestro Raphael Gualazzi nel 2017.
È chiaro quindi come ciascuno degli artisti chiamati al timone della Notte della Taranta abbia dato il proprio personale tocco stilistico ed interpretativo al patrimonio musicale e culturale che gli è stato affidato, proponendo accostamenti talvolta impensabili con generi diversi e spianando una strada ad una modalità altra di composizione musicale contemporanea. Un tripudio di arte insomma, un vero immancabile appuntamento per gli estimatori della musica, delle sperimentazioni e della cultura, e fin quì…tutto bene. Diventa però d’altra parte imprescindibile un’analisi attenta del percorso fin quì seguito, tenendo conto degli avamposti raggiunti nelle frontiere degli incontri e degli scambi ma anche delle deviazioni rispetto a quella che è l’idea principe della nascita della manifestazione, perchè talvolta il passo dalla tradizione al tradimento è breve, ed è impossibile non registrare passaggi fuori pista, non solo nell’organizzazione della proposta musicale ma anche nell’intera gestione dell’evento. Esso ha per forza di cose subito i contraccolpi di un processo di commercializzazione ed il fenomeno è quasi inevitabile nel momento in cui una manifestazione travalica i confini regionali ed esce fuori dalle nicchie culturali diventando popolare. La gratuità dell’evento in questo fa la sua parte ma ciononostante nessuno auspica un cambiamento in tal senso, pagare un biglietto all’ingresso svuoterebbe di significato il senso della manifestazione privandolo della sua vocazione aggregativa. Il problema risiede nel fatto che – tralasciato il folto pubblico che si ammassa ai piedi del palco e che danzando smuove il terreno polveroso del piazzale sollevando una nube che diventa scenografia – una buona parte delle migliaia di persone accorse alla manifestazione se ne va in giro a caccia di bagordi, talvolta abbandonandosi all’uso di droghe e disturbando la quiete di quelle interessate al concerto. Da quando infatti la manifestazione ha fatto registrare grandi numeri, le misure di sicurezza sono state parallelamente incrementate e solo durante l’ultima edizione appena trascorsa è stato possibile registrare novanta soccorsi per abuso di alcohol o droghe, sei ricoveri in ospedale ed un arresto per spaccio. Si tratta di situazioni da mettere sicuramente in conto in contesti in cui si registra un’affluenza pari a 200.000 persone, tante ne sono state stimate dalla Questura, ma tenere a bada il pubblico distratto non è certo l’unico aspetto connesso ad una manifestazione dai grandi numeri.
Ad un’analisi più profonda è possibile portare all’evidenza una certa tendenza alla cessione di autenticità legata alle scelte artistiche della serata ed al fatto che la ricerca di sperimentazione e contaminazione, rischia di cedere il passo ad un incipiente fenomeno di sostituzione, trasformando il palco dell’incontro tra la musica tradizionale salentina e la musica del mondo in un semplice concerto di world music. Se solo si presta attenzione alla scenografia posta a fondo palco negli ultimi due anni, è impossibile non notare l’assenza dell’emblematico ragno col cuore rosso al centro, sostituito nel 2017 da uno sfondo fatto di luminarie che ricordano le tradizionali feste di piazza e, nella più recente edizione, da una scenografia a raggiera che ricorda i raggi del sole ma anche il disegno di un mandala indiano. E il richiamo alla cultura del lontano Oriente forse non è del tutto casuale dal momento che, tra gli ospiti della serata ad intervenire più volte sul palco, c’è il gruppo indiano dei Dohad Gypsies. L’esibizione dei tre fratelli del Rajasthan, cui è stato dedicato ampio spazio, è ben presto diventata un mantra definito dal ritmo costruito dagli artisti stessi i quali più tardi non hanno risparmiato di cimentarsi nelle peripezie del dialetto salentino; esibizioni probabilmente un po’ azzardate se si pensa alla performance finale in Kali Nifta: quì la musica arranca dietro i cantanti che con un sorriso cercano di camuffare l’evidente ma comprensibile difficoltà nel confrontarsi con una lingua così distante dalla propria.
Difficoltà affrontata anche da Clementino, il rapper napoletano ribattezzato per l’occasione “Lu Clementino”, anch’egli presente sul palco della Notte della Taranta insieme a L.P. cantante statunitense, al secolo Laura Pergolizzi, che si esibisce con “Lost on you” il brano che l’ha resa celebre in tutto il mondo e che, in realtà, appare alquanto slegato dal contesto del festival di musica popolare in cui va ad inserirsi. Certo, non è la presenza degli ospiti a far passare in secondo piano l’attenzione verso la musica del ragno ma c’è da dire che il concerto del 2018 comincia e prosegue con i brani più melodici della tradizione salentina, che sicuramente meritano di essere portati all’attenzione del pubblico, ma che fanno inevitabilmente scivolare il ritmo pizzicato della Taranta nella parte finale del concerto. È solo verso la fine infatti che la piazza si scatena sotto il ritmo dei tamburi e che sul palco si vedono finalmente i passi della danza pizzicata, preceduti sino a quel momento unicamente da coreografie acrobatiche e di gruppo. Altro particolare che lascia perplessi è la sparuta presenza di Antonio Castrignanò, apprezzato musicista salentino, da sempre voce e tamburo della Notte della Taranta. Ebbene, fa un po’ strano non vederlo sul palco in pianta stabile nelle vesti di “padrone di casa” che accoglie il pubblico nella sua terra e tra le sue tradizioni: tutto ciò fa pensare che il Festival sia sul punto di diventare altro da ciò che tradizionalmente lo ha sempre definito nella sua genuinità ed autenticità. Apprezzabile invece è la puntuale presenza di Antonio Amato, frontman dell’omonimo ensemble e musicista che come un Atlante tiene sulle spalle buona parte del concerto. Bello l’intervento del cantautore salentino Mino De Santis che canta “La Terra” ed attesa la coppia napoletana Senese–Gragnaniello che si esibisce in Beddha ci stai luntanu e Na ni na.
Non c’è che dire sull’intensità ed i “muscoli” del maestro concertatore Andrea Mirò, sulla sua presenza instancabile sul palco del concertone, nè sulle interpretazioni personali della tradizione musicale della Taranta, solo che alcune scelte riguardo la presenza degli ospiti partecipanti alla serata fanno pensare che ci si debba necessariamente allontanare prima o poi da quello che è il motivo principale per cui, anche quest’anno, 200.000 persone sono accorse in un piccolo paesino della Provincia di Lecce. Il Salento, come qualcuno ha ricordato durante il concerto, è da sempre una terra di mezzo e pertanto crocevia di popoli dove avvengono incontri e scambi che la musica contribuisce a favorire e ad incoraggiare: tutto giusto ed auspicabile. Si spera soltanto che la ricerca dei fenomeni di contaminazione con altre culture musicali non venga asservita a ciò che risiede nella logica della commercializzazione, secondo cui diventa necessario offrire un prodotto che sia quanto più vicino ai gusti dei più ed alle tendenze del momento. Questo ce lo auguriamo tutti soprattutto dal momento che, da molte parti, si vocifera che dietro le quinte della Notte della Taranta ci fosse un trio di giovani tenori desiderosi di calcare in futuro il palco di Melpignano. Dovesse accadere, speriamo che lo facciano lasciando il giusto spazio alla musica popolare della terra che li ospiterà