Riapre il Museo degli Affreschi a Verona
Inaugurato ieri 14 novembre, il rinnovato Museo degli affreschi “G. B. Cavalcaselle” di Verona è l’esempio perfetto della specificità del patrimonio museale del nostro paese che nasce dal territorio e con esso si integra attraverso i secoli e la storia.
Nata nel 1973 la grande raccolta di affreschi staccati dai palazzi e dalle chiese di Verona tra Ottocento e Novecento, ha attraversato due secoli e con essi le vicende della città a cui appartiene.
Verona Urbs picta, la città dipinta, è stata sin dal medioevo uno scrigno in cui esterni ed interni degli edifici venivano affrescati per mostrare il fasto e il ruolo sociale dei proprietari. Centinaia di facciate dipinte decoravano la città cinquecentesca con fregi sotto le grondaie o vere e proprie scene narrative di carattere storico, mitologico o religioso. Nell’Ottocento molte di esse già non esistevano più e fu Giovan Battista Cavalcaselle ad avviare una campagna per staccare dalle originarie collocazioni gli affreschi ormai deteriorati.
L’esposizione ampliata e un allestimento che accoglie nuove opere, offrono oggi nel suggestivo complesso dell’ex convento di San Francesco al Corso una panoramica del tripudio di colori che completava e integrava l’architettura cittadina dal Trecento al Cinquecento.
Il percorso curato da Paola Marini parte dall’anno 1000 con il ciclo affrescato della grotta di San Nazaro e Celso, un complesso rupestre risalente al periodo paleocristiano che custodiva probabilmente le reliquie dei santi a cui era dedicato. I dipinti superstiti staccati sono oggi ricollocati in uno spazio quadrato di dimensioni simili all’originale e mostrano due distinti strati di pittura.
La grande novità sono però i sottarchi di Altichiero Da Zevio realizzati intorno al 1365 per la loggia della sala grande del Palazzo di Cansignorio, decorata con episodi ispirati alla Guerra giudaica di Giuseppe Flavio e la conquista di Gerusalemme. Mai esposti prima, seppur molto frammentari, i sottarchi con i medaglioni dei grandi imperatori romani mostrano il tratto sicuro del grande pittore trecentesco che raccoglie l’eredità di Giotto e sono integrati da alcune sinopie, disegni sottostanti tracciati direttamente sull’intonaco.
Si arriva poi alla ricchezza del Rinascimento veronese con il ciclo della Cavalcata di Jacopo Ligozzi, alle figure allegoriche di Farinati a Palazzo Guarienti e agli affreschi della facciata di Palazzo Fiorio della Seta. Questi ultimi, realizzati da Domenico Brusasorci e Bernardino India, rappresentano solo una minima parte di quella che doveva essere la straordinaria decorazione dell’edificio cinquecentesco danneggiato da una piena dell’Adige e demolito a fine Ottocento per permettere la costruzione dei nuovi argini del fiume.
Attraverso frammenti, ricostruzioni, storie di distruzioni e restauri il Museo degli Affreschi è forse quello che racconta meglio la storia della sua città. Il suo rinnovamento è una buona notizia in un periodo di profonda incertezza per il sistema museale di Verona, che ha recentemente perso lo spazio espositivo degli Scavi Scaligeri dedicato alla fotografia, non ha un Direttore della Galleria d’Arte moderna (Luca Massimo Barbero è il Direttore Artistico, ma si sente l’assenza di una figura costantemente presente) e tra pochi mesi perderà il Direttore dei musei civici Paola Marini, designata nuovo Direttore del Museo dell’Accademia di Venezia.