Urban Art nei quartieri difficili. Intervista a Ema Jons
Lo street artist di Como Ema Jons sta lavorando al progetto di promozione sociale Borgo Vecchio Factory, in uno dei quartieri difficili di Palermo. La prima fase del lavoro, finanziata attraverso il crowdfunding, è stata a gennaio 2014. La seconda è iniziata a ottobre 2015 ed è ancora in corso. L’obiettivo è coinvolgere i bambini in laboratori creativi e ha visto la partecipazione di altri street artist come Aris e Alleg.
Abbiamo intervistato Ema, che ci spiega perché, secondo lui, questo progetto ha avuto più impatto all’esterno che all’interno del quartiere. E noi abbiamo scelto di non riproporre l’ennesima immagine su internet ma di invitare tutti ad andare a vedere i murales.
Come hai sviluppato la tua tecnica e da cosa è influenzato il tuo lavoro?
Tecnica nel mio caso è una parola grossa, comunque guardando e provando in continuazione. Il mio lavoro è influenzato principalmente da ciò che mangio, però anche da tante altre cose tipo il rumore.
Che relazione hanno i tuoi wall paintings con il tessuto urbano e il contesto sociale in cui lavori?
Non lo so, bisognerebbe andare lì a vederli. Riguardo al contesto sociale credo che gli scarabocchi che faccio sui muri possano far piacere ai passanti e dire “toh! qui uno si è arrampicato come una scimmia e ci ha fatto uno scarabocchio. lo potrei fare anch’io!”. Così la città la si vive in modo diverso, cosa di cui si sente la necessità.
Perché hai scelto di vivere e lavorare a Palermo?
Inciampai, mi capitò grazie a dei bei ragazzi come Fabio, Nando, Iaia, Gabriele, Cristian, Grace, Alessandra, Mauro, Claudio e altri.
Com’è nata l’idea di realizzare dei wall paintings nel quartiere di Borgo Vecchio?
L’idea è nata perché questi che ho elencato sopra lavoravano come associazione già da anni nel quartiere affrontando il problema della dispersione scolastica molto diffusa, cosa che causa discriminazione e isolamento, nonché altre conseguenze. Oltre al fatto di seguire i ragazzi erano previste altre attività che potessero migliorare le cose e interessare i giovani, e così abbiamo iniziato a dipingere. Sapevo che avrei goduto di influenze nuove.
Qual è stata la reazione degli abitanti del quartiere?
Qualcuno dice che il quartiere si è trasformato. Secondo me si rivela. Il fatto che lì ci siano dei disegni sul muro interessa più a chi non abita lì e ne sente parlare che a chi ci abita. Infatti non vorrei che la cosa si trasformasse in speculazione. I figli della televisione sono contenti ogni volta che qualcuno fa una foto alla loro faccia, e pensano che qualcosa per esistere debba essere fotografato. Invece un sinonimo di fotografare è immortalare. La realtà così vive nel passato, perché quel momento è andato. I più intelligenti sono indifferenti perché hanno altre cose da fare o vivono quello che hanno.
Che impatto può avere l’arte in un quartiere difficile come questo?
L’arte è un mezzo, uno strumento. L’arte c’è già da secoli a Borgo Vecchio, perché originariamente era un borgo di pescatori, che avevano l’arte della pesca. Quindi non c’è stato nessun impatto emotivo al suo interno, se non mentre nascevano le opere, perché si sa che un parto è sempre doloroso e disgustoso da vedere, provoca emozioni. Ma passato quello la vita continua com’era. L’impatto c’è stato più all’esterno per chi è attratto da tutte le lucine dei pixel del computer che gli hanno trasmesso le foto. si sa che dio genera luce.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Morirò a 135 anni.