Arti Visive

Nils Dardel e la modernità al Moderna Museet di Stoccolma

Gabriella Bologna

Un eccentrico dandy svedese amante dei salotti dell’alta società, un pittore che attraversa liberamente avanguardia, pittura naif e simbolismo: questo e molto altro è Nils Dardel (1888-1943), celebrato da una mostra al Moderna Museet di Stoccolma fino al 14 settembre.

Il percorso espositivo della mostra Nils Dardel and the modern age documenta attraverso 100 opere l’arte ambigua, complessa e spesso spiazzante del più celebre pittore modernista svedese, formatosi nello straordinario milieu artistico della Parigi d’inizio Novecento. Arrivato nella capitale francese nel 1910 Dardel, dopo un brevissimo periodo di studio con Matisse, diventa amico di Wilhelm Udhe, art dealer di Picasso e sostenitore di Henri Rousseau, e viaggia in Russia, in Giappone e in Spagna, dove rimane affascinato dalla pittura di El Greco.

Sono gli incontri, le amicizie e le intense esperienze di viaggio gli ingredienti che portano alla fine del decennio alla definizione di uno stile individuale maturo e ben riconoscibile, che si realizza in quella che è forse la sua opera più nota: Il dandy morente del 1918, una scena dai colori accesi in cui elementi autobiografici (il dandy) vengono trasfigurati in una composizione ispirata all’iconografia religiosa del Cristo morente circondato da figure piangenti.

Dardel raggiunge la fama poco dopo e rimane a Parigi nei decenni successivi, dove frequenta i circoli artistici, conduce un’intensa vita mondana ed è noto per la libertà con cui esprime la propria identità bisessuale. L’ambiguità è uno dei fattori che caratterizzano anche la sua produzione artistica e costituisce uno dei nodi cruciali della mostra. Nella pittura di Dardel elementi che sembrano naif e banali possono improvvisamente trasformarsi in qualcosa di diametralmente opposto e la coesistenza di serietà e ironia produce storie parallele che sviluppano una narrativa dalle molteplici interpretazioni.

La combinazione spesso libera di risate e lacrime, serietà e follia che caratterizza l’arte di Dardel ha un’affinità con i circoli dadaisti e surrealisti che Dardel frequentava, soprattutto a Parigi” spiega il curatore della mostra John Peter Nilsson. “Nel suo lavoro presenta la sua vita privata e individui moderni e indipendenti in un gioco delle parti sull’identità e su come essa può essere creata e ricreata. Così come lui creò l’immagine pubblica di se stesso: il dandy democratico”.

Nonostante la qualità atalenante di alcune opere in mostra, quest’ampia retrospettiva su Dardel ha il merito di riflettere su alcuni aspetti poco approfonditi di un artista già molto noto in Svezia: il rapporto con la musica, in particolare il Jazz della Parigi degli anni Venti, e la sua relazione con la pittura, ma soprattutto la costruzione dell’identità di genere, dell’immagine pubblica e dell’arte che la esprime.



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