Vetrina. “L’anima russa”
Virginia Woolf ci guida attraverso la letteratura russa facendoci cogliere il suo elemento fondamentale: l’anima, protagonista assoluta e indiscussa di romanzi e racconti.
Il titolo di questa raccolta di brevi saggi scritti da Virginia Woolf nel 1925 è volutamente ingannevole. Dal titolo si è portati a pensare che la scrittrice si riferisca alle caratteristiche più profonde e precipue della letteratura russa; che indichi l’anima come caratteristica astratta di questa letteratura. Invece quando parla di anima la Woolf la intende come elemento concreto, come soggetto, come protagonista unica della letteratura russa del secondo Ottocento.
La Woolf parte dal fondamentale presupposto dell’inadeguatezza della traduzione di un testo in un’altra lingua, osservando che nella traduzione si perdono, inevitabilmente, tanti aspetti che i suoni delle parole si portano dietro unendosi al loro significato. Leggere in traduzione, quindi, porta a tradire il testo originario, anche se, in tanti casi, rimane inevitabile.
Successivamente la Woolf sottolinea quanto sia difficile per un inglese comprendere pienamente la narrativa russa perché essa non procede secondo la linearità dettata dell’intelletto, che gli inglesi tanto amano e apprezzano, ma attraverso strade tortuose e confuse, lungo le quali è facile smarrirsi e perdersi. Perché agli scrittori russi poco importa di raccontare secondo un ordine logico quando possono seguire il disordine, altrettanto logico, che deriva dal tumulto delle passioni. Ed è così che la razionalità inglese si scontra e resta sconcertata dinanzi alla protagonista assoluta della narrativa russa: l’anima.
Negli scrittori russi, ci dice la Woolf, non c’è mai una distinzione netta tra bene e male, tra giusto e sbagliato, in quanto ogni azione ed ogni personaggio vengono raccontati in relazione al loro mondo interiore, alle loro passioni, ai loro turbamenti morali ed ai loro moti di coscienza. Da questo punto di vista Dostoevskij mostra lo stesso sguardo carico di umanità per il povero e il ricco e non perde mai di vista l’agitata interiorità dei suoi personaggi. Čecov, parallelamente, non ha interesse per costruire le sue storie secondo un andamento logico, con un inizio, uno sviluppo ed una fine. Spesso le sue opere cominciano e si concludono in medias res, lasciando il lettore con un senso di incompiutezza che, però, non è mai casuale ma perfettamente studiato e voluto dal suo autore.
Infine Tolstoj, per la Woolf, è il più grande di tutti. Perché in Tolstoj tutti i personaggi paiono costantemente chiedersi se valga veramente la pena di vivere e perché, con quale scopo. Cercano di rispondere a quella che, senza ombra di dubbio, è da sempre la domanda fondamentale.
- Genere: Saggistica
- Altro: Traduzione di Veronica La Pecorella; curatela di Antonio Debenedetti