Il re
Dopo il successo opaco di War Machine – con protagonista Brad Pitt – David Michod torna a lavorare con Netflix, stavolta con una pellicola di genere storico, ossia Il re, ispirata al celebre dramma Enrico V di William Shakespeare.
Il re, di primo acchito, si inscrive in una logica concezionale moderna del racconto sui grandi personaggi storici, che siano re, regine e/o famosi conquistatori. Perché andando ad analizzare ultime pellicole di tal genere – come Maria regina di Scozia, Outlaw King, e l’attuale serie Sky original Caterina – La grande – si scorge che in primis, tali sovrani non hanno un potere consolidato, e vengono sempre messi in dubbio dalla corte, dall’ambiente circostante e dai cittadini del regno, e in più sono sovrani di indole non violenta, cioè fuori dai canoni storici degli stereotipi cinematografici, che li raffiguravano prevalentemente come spietati, meschini, avidi e pronti a tutto per il potere.
Enrico V – interpretato da Timothéè Chalamet, un attore in grande ascesa nel panorama delle nuove generazioni di star – è molto vicino alla psicologia e al destino dei sovrani dei film citati: egli è costretto a ereditare la corona seppur non desiderandola, dato che il padre muore, e il fratello – che era stato scelto come successore – perde la vita anch’egli, in una battaglia. Enrico è costretto a modificare il suo carattere da completo disinteressato, burlone e menefreghista, per governare al meglio il regno e non lasciarsi sopraffare dalle continue ed asfissianti pressioni dei membri della corte reale. Infine, Enrico deve modificare in toto sé stesso, ossia la sua mentalità, i suoi valori e i suoi modi di fare. perché la vita da sovrano è lastricata di ipocrisia, violenza e decisioni delicate, che solo un animo forte, severo e obiettivo può reggere.
Questa è la grande sofferenza dei personaggi del genere storico contemporaneo: essere costretti a modificare il proprio sé per costruirsi una maschera, a vantaggio delle sorti della corona, e la lotta diventa perciò non solo quella contro i nemici esterni, ma anche contro la propria sfera mnemonica, in costante oscillazione tra quello che si è, e quello che si deve (per forza) essere. Il costante dilemma psicologico del personaggio della post-modernità, trasferito in un contesto storiografico.
Michod sottolinea con ridondanza l’insofferenza di Enrico, che parte inizialmente dal prendersi il carico di un ruolo che ha da sempre rigettato (pur essendo da primogenito il naturale erede), e quindi anche di non venire accettato come sovrano da amare e seguire, dato che tutti conoscono il suo odio per lo scettro d’Inghilterra. In seguito l’insofferenza sorge anche dalla solitudine, perché “un sovrano non ha amici, solo sudditi e nemici”. Questa diventa la frase più significativa del plot, la costante di tutta la pellicola, e che Enrico soffre più di ogni altra cosa, perché si sente solo, continuamente raggirato, e mai stimato, e il mettere il suo amico storico – ossia John Falstaff (Joel Edgerton) – come braccio destro, è proprio per cercare di scardinare la maledizione dei rapporti umani, che il ruolo da Re fisiologicamente crea.
Michod costruisce la vita e le gesta di un sovrano insofferente e indesiderato attraverso in primis una potente fotografia in esterni (principalmente nelle scene della guerra contro i Francesi, che è anche uno degli elementi principali della trama) – la quale è il punto di forza delle ultime pellicole di genere storico sia on demand che al cinema – e con delle inquadrature di regia costantemente in soggettiva e zoomate, per far seguire allo spettatore il profondo cambiamento psicologico del personaggio: da principe reietto a sovrano patriottico.
La forza visiva de Il re – e di film ultimamente di tal genere – è affascinante, all’interno del viaggio del tempo che il prodotto filmico fa fare allo spettatore, avvalorata dalle citate qualità tecnico-visive e dalla scenografia profondamente accurata, grazie alle location nell’interno delle contee Inglese, che aiutano logisticamente film storici a creare uno spiccato realismo estetico.
Eppure spesso perde quella forza della sceneggiatura, che diventa il punto debole dei film originali Netflix in svariati casi, dato che la scrittura è – questo lo si deve ammettere – la più grande magagna nella costruzione di un dramma o di un’epopea storica basata sulle gesta e sulle vicende personali di grandi personaggi.
Nonostante ciò, va annotato il grande lavoro di produzione che sta compiendo Netflix, non solo sulle pellicole di genere storico, che le stanno garantendo spazio nei saloni originariamente di casa delle pellicole da grande schermo (Il re è stato presentato in anteprima e fuori concorso quest’anno al festival di Venezia), ottenendo spesso anche importanti riconoscimenti.
Resta d’altronde, anche il fatto che tali pellicole – richiarendo che possono essere apprezzate più per logiche estetiche che dialogico/contenutistiche – godrebbero probabilmente ancora di più fortuna, grazie ad una distribuzione maggioritaria sul grande schermo, la quale ne valorizzerebbe maggiormente la visione e il fascino estetico della costruzione scenica. Inoltre, film come Il re si macchiano in alcune parti di quei cliché che una piattaforma on demand – sorta principalmente con la produzione di serie televisive – instaura, all’interno di un prodotto di genere, che deve essere invece strutturalmente in toto cinematografico (in alcune scene ci sono infatti fin troppi richiami di regia e scenografia a serie televisive-fenomeno come Game of thrones per esempio).
La vita da sovrano comporta rinunce, delusioni, errori, invidie e pressioni, eppure Enrico in Il re, cerca sempre di essere un sovrano diverso, ossia più umano, più giusto, più sincero, e non smetterà mai di cercare appunto una reale sincerità nei rapporti esterni, volendo essere un tipo di re che è un po’ l’altra faccia della medaglia dei celebri stereotipi letterari e si anche cinematografici; come se un uomo modernista fosse stato trasportato in un contesto culturalmente e umanamente per lui retrogrado. La lotta per la sincerità diventa più importante di quella territoriale e per il mantenimento della corona, per rendere quei sudditi finalmente amici, e inoltre i rapporti umani realmente come tali, ossia basati sull’amore e sulla fiducia incondizionata. Due obiettivi così puri e naturali, quanto dannatamente ardui da raggiungere.
- Diretto da: David Michôd
- Prodotto da: David Michôd, Joel Edgerton, Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Brad Pitt, Liz Watts
- Scritto da: David Michôd, Joel Edgerton
- Tratto da: "Enrico IV, Parte 1, "Enrico IV, Parte 2" ed "Enrico V" di William Shakespeare
- Protagonisti: Thimotée Chalamet, Joel Edgerton, Sean Harris, Lily-Rose Depp, Robert Pattinson, Ben Mendelsohn
- Musiche di: Nicholas Britell
- Fotografia di: Adam Arkapaw
- Montato da: Peter Sciberras
- Distribuito da: Netflix
- Casa di Produzione: Plan B Entertainment, Netflix, Blue-Tongue Films, Porchlight Films
- Data di uscita: 02/09/19 (Venezia), 11/10/2019 (USA), 01/11/2019 (Netflix)
- Durata: 140 minuti
- Paese: Australia, Stati Uniti
- Lingua: Inglese