Cinema

Un secolo di #MarioBava: Appuntamento col Mastro

Fausto Vernazzani

Dal 1914 al 2014: il centenario di Mario Bava festeggiato con una serie di focus / Incontrare Bava al giorno d’oggi, tra pubblicazioni cartacee e le rare edizioni in DVD e Blu-ray

L’artista e l’artigiano sono due “entità” differenti. Mario Bava non potrà mai essere paragonato a Federico Fellini o a Michelangelo Antonioni, non era un’artista e lui questo lo sapeva benissimo anche se poteva cadere nella tentazione di cedere agli elogi (in particolare) della critica francese, la cui stima per il regista sanremese non aveva confini. Bava conosceva il materiale di cui era fatto il cinema, per lui non erano i sogni, ma pellicola, oggetti di scena, esseri umani e scenografie da plasmare per dare allo spettatore un determinato prodotto finale. Un prodotto e non un’opera d’arte.

Si possono avere opinioni differenti in tal merito, in molti si schiereranno decisi ad includere Bava tra i grandi artisti italiani, ma questo è perché ancora non si riesce a rispettare a sufficienza la figura dell’artigiano, oggi seppellita dalle ambizioni coltivate da reality e talent televisivi dove anche una piroetta è considerata arte. Oggi sarebbe il momento giusto per riscoprire Bava per quello che era, un Mastro Regista e non un Maestro, con il talento di aver saputo sfruttare le possibilità della macchina da presa meglio di centinaia di altri suoi colleghi in tutto il mondo, influenzando il futuro della disciplina e facendo da fonte di ispirazione, come abbiamo già scritto in precedenza, per grandi e piccoli autori di ieri e di oggi.

Adesso come allora l’estero continua ad elogiare le qualità di Mario Bava, DVD e Blu-ray vengono pubblicati insieme a saggi critici e distribuiti nuovi film ispirati ai generi lanciati da lui (su tutti basti pensare a Berberian Sound Studio di Peter Strickland nel Regno Unito), ma in Italia questo trend sembra sempre non voler prendere piede.

Le sue opere sono rintracciabili con una certa difficoltà, per quanto la maggior parte di esse sia reperibile on-line. Film minori, come ad esempio La strada per Fort Alamo ed Ercole al centro della Terra è meglio recuperarli in Germania (il paese giusto dove cercare titoli appartenenti al cinema di genere di produzione italiana), mentre la Arrow Films nel Regno Unito possiede le migliori edizioni in assoluto de I tre volti della pauraGli orrori del castello di Norimberga e de La maschera del demonio, nella cui steelbook oltre a decine e decine di contenuti speciali si trova persino I vampiri, il film di Riccardo Freda dove Bava lavorò in svariate vesti. 
In Italia solo Cani Arrabbiati riceve una giusta considerazione (ma non si deve disdegnare il double pack di Lisa e il diavolo e La casa dell’esorcismo), forse solo perché sorgente ispiratrice per Tarantino e il suo esordio Le iene, ma persino l’edizione Raro Video pubblicata di recente con tanto clamore non include quasi alcun contenuto extra di reale interesse. Ad Agosto 2014 uscirà anche questo per l’Arrow Films. Potremmo farci un pensiero.

Come per i film lo stesso dicasi per le pubblicazioni a tema, da sempre relegate ad un circolo undeground di appassionati, e pochi sono gli studiosi italiani davvero interessati a studiare Bava e la sua (tutto sommato breve) filmografia. In Italia l’unico testo di riferimento è della casa editrice Il Castoro con la loro classica monografia, redatta con piglio critico e con un sano spirito obiettivo da Alberto Pezzotta, a cui seguono due testi meno considerati, ma ugualmente importanti: Mario Bava – I mille volti della paura (Profondo Rosso, 2001) di Luigi CozziKill Baby Kill! Il cinema di Mario Bava (unmondoaparte, 2007) di Gabriele Acerbo e a cura di Roberto Pisoni.

L’editoria straniera produce i veri regali: la biografia di Tim LucasMario Bava – All the colors of the dark (Video Watchdog, 2007) e le due monografie francesi, una curata da Jean-Louis Leutrat (Mario Bava, Editions du Céfal, 1994) e l’altra da Luc Moullet (Mario Bava, Edilig, 1984). Enciclopedie e lavori collettivi non sono da meno, Gordiano Lupi con la sua Storia del cinema horror italiano in tre volumi (Ass. Culturale Il Foglio, 2011) ne è un esempio, mentre giornali e riviste hanno trasformato centinaia di fogli di carta bianca in tesori inestimabili da cui cogliere preziose informazioni, il cui unico e tragico difetto è la difficile reperibilità. Oggi internet fornisce un’altra utile fonte, da studiare con cautela per evitare di incappare in errori e dettagli non verificati, ma è anche la prova che ancora oggi si sente la necessità di parlare di Mario Bava, uno dei migliori artigiani che il cinema italiano abbia mai avuto.

I precedenti articoli della serie Un secolo di #MarioBava: Un’eredità silenziosaLa stagione degli esorcismi / Così imparano a fare i cattivi / La strada per il Far West / Un impermeabile per l’assassino / La maschera del gotico / Il peplum e la fotografia



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