Goat – World Music
E’ da un villaggio svedese, i cui abitanti erano (secondo leggenda) dediti alle pratiche voodoo, che arriva l’ensemble Goat, un gruppo di strumentisti che ha esordito quest’anno con “World Music”.
E’ da un villaggio svedese, i cui abitanti erano (secondo leggenda) dediti alle pratiche voodoo, che arriva l’ensemble Goat, un gruppo di strumentisti che ha esordito quest’anno con “World Music”, progetto intriso di psichedelia e ritmi incessanti capaci di infrangere qualsiasi autocontrollo. Posto che la nozione di musica etnica è semplicemente ridicola, in “World Music” possiamo cavalcare i solchi della leggenda svedese ed essere ammessi a storie di tribù che eseguono riti propiziatori per evocare la bella bella stagione. La relazione tra musica e psichedelìa è lunga e duratura (basti pensare ai The Doors) ma basare un intero progetto sulla sua influenza è un atto di coraggio che pochi sono riusciti a perseguire totalmente negli anni Zero (solo gli Animal Collective?). E’ da Diarabi, prima traccia dell’Album, che comprendiamo chiaramente quali siano le intenzioni del gruppo; i Goat compiono un’azione che mira alla sinergia tra musica e ascoltatore facendolo diventare per nove tracce parte di quella leggenda e di quella tribù. In Italia una cosa del genere è capitata solamente col Battisti di “Anima Latina”. “Disco Fever” è come suonerebbero oggi i Doors se Jim Morrison fosse ancora vivo mentre “Gothead” ricorda la potenza dei bassi dei Battles. Non vi sono tracce spiccatamente tribali, il tribale è dentro la Musica ed è al servizio di essa. C’è tanto da scoprire e molto per cui restare affascinati in “World Music”. Se si dovesse fare un paragone si potrebbe tranquillamente affermare che i Goat sono i Pink Martini del Nord Europa. Resta solo da comprendere come si muoverà questo gruppo in futuro.