Women x Women
Sala Mostre Palazzo Bizzarrini, Radicondoli (Siena), 1 Agosto – 2 Settembre
Il femminile nelle sue molteplici declinazioni colto da sguardi distanti, per cultura e provenienza, ma vicini per sensibilità. E’ questo il progetto di sei fotografe che meritano di essere nominate tutte perché il lavoro presentato nella mostra di Radicondoli, visitabile nella sala mostre di Palazzo Bizzarrini fino al 2 settembre,è opera di personalità diverse che si sono incontrate e trovare per condivisione ed empatia; ma non vuole essere un collettivo quanto un modo per condividere ricerche, anche lontane tra loro, ma volte a sviscerare un unico tema: il femminile.
E così ammiriamo la luce fredda e il minimalismo dei ritratti di Lucia Ganieva, russa di nascita ma olandese di adozione (che nelle sue foto dimostra di aver assimilato in maniera totale la luce di Vermeer e dei fiamminghi), dove le custodi dell’Ermitage sono accostate, in maniera non casuale, a capolavori della ritrattistica dei secoli scorsi, con la felicissima scelta di porre l’accento sulle donne reali, decidendo di relegare i quadri ad un’estremità dell’inquadratura e lasciandoli parzialmente fuori campo.
Proseguiamo poi con i polittici fotografici della francese Claire Joubert, in cui l’accostamento di dettagli apparentemente slegati tra loro oppure di inquadrature diverse dello stesso soggetto, ci trasmettono la sensazione di un mondo intimo, complesso, familiare e, nello stesso tempo, straniante perché frammentato in molteplici particolari.
La prima sala si conclude con tre scatti di Rania Akel, fotografa palestinese che vive e lavora in Israele. Le tre foto rappresentano solo ombre proiettate su un terreno brullo, crepato dal sole e dall’assenza d’acqua, sul quale sono disposte delle pietre. La valenza politica di questo lavoro è evidente e la donna viene privata della sua interiorità per farsi contenitore vuoto laddove le è impossibile esserci senza perdersi. E allora la forza del femminile emerge proprio dalla capacità di separare ciò che appare da ciò che è, per poter conservare e trasmettere la sua essenza al di là di ciò che è costretta a subire.
Si prosegue nella seconda sala con il suggestivo lavoro dell’israeliana Malka Inbal che, con la sua fotografia inquietante e calda, riesce a colpire immediatamente anche l’osservatore meno attento. Nelle sue opere la donna appare in tutta la sua fisicità (rappresentano, infatti, corpi femminili nudi, moltiplicati e scomposti da esposizioni multiple) ma è resa diafana, lontana, evanescente dalla scelta coloristica che vira tutte le immagini al rosso, colore che accomuna erotismo e violenza perché rimanda al sangue.
Di genere completamente diverso tutta l’opera della fotografa e reporter spagnola Susanna Girón, di chiaro interesse folcloristico e popolare. Le sue foto ci mostrano generazioni di donne a confronto, rendendo esplicito il focus sul perpetuarsi delle tradizioni, connotando il femminile come trasmissione di un certo tipo di cultura quasi matriarcale e atavica.
Infine si giunge all’opera dell’italiana Giuliana Mariniello, napoletana di origine ma romana di adozione, che abbiamo avuto il piacere di incontrare in occasione della mostra. La sua riflessione sul femminile si incentra sui manichini, spesso smembrati e comunque sempre decontestualizzati e svuotati della loro funzionalità. Diventano così non più un emblema di lusso e consumo, in quanto espositori di abiti nelle vetrine dei negozi, ma si fanno simboli, a tratti inquietanti, di corpi femminili svuotati della loro anima, freddi e quasi chirurgici, se non addirittura vestigia di omicidi, avvolti nel cellophane. L’artista ci tiene a sottolineare che le sue immagini non nascono da una volontà rappresentativa quanto, piuttosto, da suggestioni visive. Il significato e la connotazione è quella che, in parte, dà lo spettatore ed è comunque successiva al momento in cui l’immagine viene catturata ed impressa sul negativo. Ma nel suo lavoro sono evidenti un percorso ed una ricerca unitaria che ci restituiscono un’immagine del femminile molto forte e mai banale ma attenta alla complessità di visioni e di letture che, inevitabilmente, questo tema rende necessarie.