Wade Guyton al Museo MADRE di Napoli
Abituati ormai a rappresentarci il mondo per immagini, grazie agli attuali dispositivi digitali, catturiamo ogni giorno centinaia di migliaia di attimi, pezzi di realtà, particolari che quasi mai restano identici a come il nostro occhio li vede. Il più delle volte, infatti, le immagini subiscono modifiche di vario tipo attraverso appositi software che ne alterano l’originiaria identità. Lo sa bene Wade Guyton, artista statunitense, classe 1972, alle cui opere il museo Madre di Napoli apre le porte per la mostra dal titolo “Siamo arrivati”.
Wade Guyton indaga da anni il linguaggio del mondo digitale ed il condizionamento che esso è capace di operare nel processo di traduzione delle immagini acquisite ma anche nella trasposizione delle stesse su tela o altre tipologie di supporto proprie delle arti visive. La realtà quindi si fa arte attraverso il digitale; Guyton gioca infatti ad esasperare la modificazione dele immagini portando queste ultime ad un livello di illegibilità, attraverso un’azione che volutamente ne altera l’aspetto e il significato originali. Tale azione, proprio perchè portata all’estremo, permette di percepire l’impatto condizionante della tecnologia digitale sulla nostra vita e di rivelarne, al contempo, il linguaggio ed i meccanismi di funzionamento.
Protagonisti della mostra quindi, sono le enormi stampanti a getto d’inchiostro poste al centro delle stanze insieme a materiale vario di allestimento che rende l’idea del work in progress e trasforma gli spazi del museo in un vero e proprio atelier dove pare che l’artista, durante il suo periodo di residenza a Napoli, abbia riprodotto in tempo reale le opere esposte. Enormi casse e lunghi tavoli ricoperti di teli in lino blu si alternano a stampe fotografiche su tela che rivelano numerose sovrapposizioni di immagini, oppure scatti posti in dislivello che sezionano la superficie in due parti e che rendono possibile una lettura sfasata della realtà rappresentata.
L’influenza data dalla permanenza dell’artista e del suo team nella città di Napoli si legge chiaramente nelle opere esposte, dove un Vesuvio – sfocato e proposto in moduli posti a dislivello – si alterna a foto che testimoniano i lavori in vista dell’allestimento della mostra ed ancora, le cosidette “capuzzelle” ovvero i teschi della fossa comune del “cimitero delle fontanelle” di Napoli, così come l’immagine del bugnato della chiesa del “Gesù nuovo”, si affiancano ai motivi creati dal loop e dalle distorsioni delle immagini digitali.
Il meccanismo di sovrapposizione, in particolare, rimanda all’immagine stessa del capoluogo partenopeo, luogo di millenarie stratificazioni urbane (testimoniato dalla presenza delle cavità ipogee che costituiscono una città sotto la città), ma anche risultato della commistione culturale dovuta all’essere città di mare e, per questo, facile approdo per altri popoli.
La città però non è richiamata soltanto nelle trame della trasposizione digitale, la mostra infatti accoglie il visitatore con una composizione di immagini che riproduce principalmente la home page della versione on-line del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, accostata a nomi di multinazionali come Amazon, Euronics e soprattutto McDonald’s dalla quale Guyton prende in prestito lo slogan “Siamo arrivati” che dà il titolo alla mostra.
Dietro l’influsso della corrente pop-art quindi, le opere di Wade Guyton rivelano una certa sensibilità verso le icone testimoni della odierna società post-ideologica caratterizzata dalla fusione tra realtà locali e globali che si incontrano ogni giorno nel grande spazio virtuale di internet e dei dispositivi tecnologici. Significativa in tal senso è anche la tela raffigurante i contorni di un I-phone 7, ultimo discendente di un’azienda che detta legge in fatto di dispositivi mobili
In quasi tutte le sale dell’intero terzo piano del museo Madre c’è quindi una tela raffigurante i codici del linguaggio digitale rappresentati di volta in volta da trame differenti e numerosi sono gli scatti che riprendono particolari della città di Napoli che vi si affiancano, quasi come a voler dire che anche le immagini di soggetti dalla forte connotazione identitaria subiscono, nel panorama della teconologia di cui oggi si dispone, tentativi di alterazione della propria natura, almeno in termini di rappresentazione visiva.
Ed è in questo senso che l’opera dell’artista statunitense intende rappresentare il fenomeno di “glocalizzazione” generale in base al quale ciascun luogo, per quanto forte della propria immagine distintiva, non è avulso da fenomeni di “cessione” della propria natura che avvengono all’interno delle interconnessioni della società contemporanea e che trovano supporto negli strumenti tecnologici, protagonisti peraltro di una continua e inarrestabile espansione.
La mostra di Wade Guyton sarà visitabile presso il museo Madre di Napoli fino all’11 settembre 2017.