Virgilio Sieni // Le sacre
Il “sacro” senza “sagra” di Virgilio Sieni
Poco più di un secolo esatto è trascorso da quando Le sacre du printemps di Vaslav Nijinskij scandalizzò gli spettatori parigini presenti alla prima dello spettacolo. Il motivo? Uno stile di danza mai visto prima: barbaro, aggressivo, lontano dalle finezze del balletto classico. Rispetto al suo archetipo, il contemporaneo Sacre di Virgilio Sieni lascia supporre un felice errore di traduzione: oltre alla mutilazione del titolo originale, immaginiamo che sacre non sia più la «sagra» della primavera, e neppure il «rito» (traduzione che figura sui più ortodossi manuali italiani di storia della danza). Immaginiamo che la parola sacre, in bilico tra “sagra” e “rito”, abbia ceduto il posto a un ulteriore “equivoco” lessicale: sacre in quanto sacro.
Forse il nucleo da cui prende vita questa visione del celebre balletto, “cavallo di battaglia” dei grandi maestri del secondo Novecento e oltre (da Mary Wigman a Maurice Béjart, da Glen Tetley a Martha Graham, fino alla più nota trasposizione di Pina Bausch), potrebbe risiedere in una singola affermazione, “la danza è l’espressione di ciò che è sacro”. La bellezza umana, l’intelligenza corporea, l’ingegno del coreografo, l’arte del movimento, e, naturalmente, la musica; legata al “movimento degli affetti”, e qui presente, nel primo tempo dello spettacolo (un’invenzione ex novo rispetto al balletto originale), anche in forma di preludio composto al contrabbasso da Daniele Roccato, che ha realizzato una partitura evocativa, basata su impressioni già presenti nell’inconscio dello spettatore. La coreografia di Sieni parte dal rigore geometrico di una fila di corpi nudi femminili disposti di profilo, e all’ordine ritorna, nell’immagine finale del secondo tempo. In mezzo, un caos sapientemente organizzato, dove un’ipotetica “eletta” si confonde con gli altri danzatori completando con la sua presenza, verticale come la vetta di un monte di corpi, la pura sacralità della struttura piramidale. Il moto ascensionale e armonicamente vorticoso, tipico della meravigliosa pittura barocca, trascina lo spettatore in un vortice in grado di elevarlo verso la contemplazione dell’infinito: del “sacro”, spogliato della “sagra”.
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- Titolo originale: Le sacre