Bisogna ammetterlo, spesso e volentieri si usufruisce del servizio senza chiedersi quale sia la struttura alle spalle che lo rende così efficiente come ci appare in quei momenti bui in cui si è costretti a farlo. Comporre il 118 sul proprio telefono non è mai una bella esperienza, che si tiri un sospiro di sollievo alla conclusione della disgrazia oppure quando le ore continuano a passare inesorabilmente. Il giovane Leonardo Fallucca con 118. Anatomia di un’emergenza si incarica di porre un vetro trasparente davanti alle operazioni del personale paramedico per mostrare il loro lavoro certosino,  la loro organizzazione di stampo quasi militare.

Il film di Fallucca incuriosisce prima ancor di iniziare, si tratta in fin dei conti di un mestiere difficile poco conosciuto dagli esterni: lo stesso non potrà più dirsi alla conclusione del documentario, che dalle primissime fasi al centralino arrivano fino in fondo agli interventi sul posto, alle corse in elicottero e alle prime analisi e cure in sede ospedaliera. Anatomia di un’emergenza è un documento del reale, non influisce e non interviene neanche una volta nelle azioni dello staff, non intervista nessuna delle persone coinvolte – né pazienti, né paramedici -, si limita a filmare l’operato con l’intento di chiarire quanto deve essere svolto dal personale.

Il suo più grande pregio, ma anche il suo più grande difetto. Da un punto di vista cinematografico non c’è nulla di interessante, Anatomia di un’emergenza, in concorso al Via Emilia Doc Fest 2014, non esce dai ranghi: è un documentario informativo, analisi e visione non sono compresi nel pacchetto finale. Si tratta dunque di un’opera interessante sul fronte dell’informazione, perfetto per una qualunque proiezione televisiva dedicata al tema, ma purtroppo lo stesso non si può dire di una sua possibile incursione cinematografica, luogo inadatto al mediometraggio documentario di Fallucca.