Vetrina. “Un posto anche per me”
La storia di un ultimo, di un non desiderato, raccontata da Francesco Abate.
Questo romanzo, Un posto anche per me, ha un mentore, Valerio Mastandrea, l’attore, che ne farà un film. E ha regalato questa storia a Francesco Abate che ne ha scritto un libro godibilissimo dando voce agli ultimi, alle bassezze che si guardano storcendo un po’ il naso, alle voci “sovrappeso” di una Roma vista con gli occhi degli immigrati, dei lavoratori notturni, dei senzatetto.
Peppino è tardo, un novello Forrest Gump. Consegna a domicilio per il ristorante Nuraghe Blu che si trova vicino al Vaticano. Nuraghe perché è un ristorante di cucina sarda, proprio la regione da dove viene lui, un posto per turisti alla buona. Peppino è arrivato a casa di Nonno, Nonna Giovane e Nonna Vecchia come un pacco da consegnare a domicilio, forza del destino. «E adesso chi se lo cresce a questo qua. Fu quel giorno che diventai Peppino». Dalla Svizzera, con una mamma morta di solitudine e il Babbo in prigione, come un pacco è stato mandato alla Case delle Suore Ciliegine. Sempre rispettoso, ben educato, un po’ lento e cicciotto.Peppino ha imparato a bastarsi, a Roma come lì, sull’isola, e a vivere la vita senza pretese.
«Meglio darsi un orizzonte vicino, di tre giorni in tre giorni».
La vita è dura, Marisa (la sua interlocutrice, il suo amore, la sua sostanza), lui lo sa. L’ha capito benissimo quel giorno al mare sullo scoglio di Peppino, il suo. L’ha capito perfettamente quando la Nonna Vecchia gli dice per la prima volta che la sua è una famiglia piena di vergogne.
Lo capiamo noi leggendo questo libro in cui impari a voler bene a questo bambinone di 38 anni che dorme male e copre la sua vita e la sua testa con grossi cappelli di lana. Zio Mino, i parenti buzzurri, Babbo con le macchine sportive, Nonna Giovane e la passione per L’Unione Sarda, Wahid il compagno di viaggio, Bonaria, Calabrese, Marisa – ecco, di nuovo, che torna.
La vita la comprendi meglio quando ci sei fuori, questo dice Peppino in una mattina di nebbia in un autobus, l’ennesimo. «Da dentro è tutto più difficile. Vero, Marisa? La vita la capisci meglio quando è passata. Mentre ci sei nel mezzo, non ci riesci quasi mai. Io la mia vita la capisco quando ripenso a me stesso bambino. E mi rivedo come se fossi un altro che non sono più». E la sua vita, in cui entri da subito, come se stessi osservando il tuo vicino di posto, è piena di dolore e di amore.Senza pietismi, senza piaggerie.
Un racconto accorato e gentile, con tanti momenti di pazzia, senza pretesa di commozione ma con tanta umanità, che esce fuori perché deve uscire, anche non volendo.
- Genere: Narrativa; romanzo