Vetrina. “Progetto Elvira – Dissezionando Il Vedovo”
Il saggio “cubista” di Tommaso Labranca sulla pellicola del 1959 diretta da Dino Risi.
“Non c’è nessun film che io abbia visto più volte del Vedovo. Al secondo posto c’è I mostri, sempre di Dino Risi. Al terzo La Dolce Vita che ha il difetto di non essere stato girato da Dino Risi”.
Inizia così Progetto Elvira – Dissezionando Il Vedovo, saggio scritto da Tommaso Labranca per la collana Miyagawa della casa editrice 20090 Editoria e comunicazione, da lui stesso fondata. Concepito inizialmente come “breve traccia da seguire mentre si assisteva a film”, il testo ha invece subito rinunciato alla linearità per farsi ritratto “cubista” basato sulle intuizioni, le osservazioni e le impressioni dello scrittore, giornalista e autore televisivo e radiofonico milanese, membro – insieme con Aldo Nove, Isabella Santacroce, Niccolò Ammaniti e altri – del fu gruppo dei “cannibali” Nevroromantici.
Il Vedovo, girato da Dino Risi nel 1959, non è che uno dei tanti film prodotti in quegli anni che s’ispiravano a fatti di cronaca – nello specifico il ‘caso Fenaroli’, imprenditore accusato di aver assassinato la moglie l’11 settembre 1958. Degli altri ricordiamo una battuta, un personaggio. Del Vedovo ricordiamo tutto. Le scintille tra Alberto Nardi (Alberto Sordi) ed Elvira Almiraghi (Franca Valeri) illuminano la storia in cui la ‘folle corsa al denaro’ non lascia spazio alla bontà.
Con lo stile diretto che lo contraddistingue, Labranca offre al lettore il risultato della sua personalissima operazione di dissezione della pellicola: ecco dunque le meticolose ricostruzioni della fabula tratte dalla visione ripetuta di singoli fotogrammi e documenti dell’epoca, oppure il rilevamento di incongruenze nella sceneggiatura e nelle riprese. Ma il saggio è molto più di questo: in esso si ritrova un’attenta comparazione fra la Milano e l’Italia degli Anni ’50 e le loro ‘sorelle’ contemporanee. Numerosi sono anche i raffronti interni alla filmografia di Risi, a quella di registi a lui coevi (Antonioni, Fellini, Monicelli) e ai personaggi interpretati da Sordi.
Labranca dedica ampio spazio anche e soprattutto alla ferocia rappresentata nel Vedovo, al rapporto Master & Servant che intercorre tra Alberto Nardi e il Marchese Stucchi, ai rimandi nascosti al “caso Fenaroli”, all’importanza riservata ai dialetti e al loro uso, alla rilevanza del ruolo femminile nel film e, soprattutto, al suo protagonista: “l’uomo solo” che ha lasciato Roma allettato dalle promesse dorate di Milano.
Una lettura dunque, per forma, impostazione e argomentazioni, capace di coinvolgere anche coloro che non hanno mai visto Il Vedovo e che certamente, sfogliata l’ultima pagina, non vedranno l’ora di farlo.
- Genere: Saggistica