Libri

Vetrina. “Occhi rossi”

Roberta Iadevaia

Malinconia, consapevolezza e una straziante esattezza si respirano in Occhi Rossi, raccolta di poesie del giovane Andrea Donaera appena pubblicata da ‘round midnight edizioni.

L’autore, Andrea Donaera, è salentino e odia il sole, il mare e il vento. È nato nel 1989 mentre moriva Samuel Beckett. Ha i capelli lunghi, gioca al Fantacalcio e ascolta molta musica. E per fortuna scrive. Anzi, sussurra. Meglio ancora, borbotta tra sé e sé mentre torna a casa con gli occhi chiusi e rossi, parafrasando la bella Prefazione di Davide Rondoni.

Per fortuna perché lo scrittore riesce ad affrontare in meno di 60 pagine temi che dire “difficili” è dire poco – l’amore in primis, ma anche la morte, l’amicizia, la poesia, l’identità, la giovinezza, il rapporto con la propria città – con una “esattezza straziante”, citando ancora Rondoni.

Esattezza che si sposa con il borbottìo perché figlia dell’umiltà, la quale a sua volta genera consapevolezza: “ […] fingi / finalmente di fingere / la vita, di scommetterla / con calma, con criterio / (e sei maturo e sai / che non vincerai mai, / che tutto questo azzardo – / che ti riguarda, sì, ma poi non troppo – è come / giocarsi a testa o croce la moneta che lanci).

Tuttavia in questo azzardo, in questa illusione “di regalare quel poco di sé” attraverso “l’errore delle parole che sorgono / in poesia e se ne vanno poi / cacciate dal poeta” sta forse la poeticità cruda e malinconica che contraddistingue la raccolta e fa sì che il lettore si soffermi a lungo su una parola o un verso a cui l’apparente noncuranza dona una forza dolorosa.

D’altronde lo scrittore è subito molto chiaro: “Andrea o Andrea mi chiamo – riferendosi all’anagramma del suo nome e cognome – e non ho / scelta, nemmeno ambisco all’ambizione / di essere altri”. Perché egli ha già i suoi sé da essere – “Quale Andrea muore / oggi? Oggi poi quale vita mi tocca?”; ha già i suoi anni da combattere – “Per favore, liberatemi / dal giogo allegro della gioventù”;  ha già i suoi assoluti – “vivo / la colpa del gestuale vivere senza gesti: / la sento tutta dentro. […] come il Dio del condannato: vivo / nel gesto: del morire”.

Pare avere anche dei limiti, e la brevità e lo stile discorsivo di certi componimenti stonano con la profondità di alcuni altri. Ma sono cadute che si fanno perdonare perché, come “borbotta” la prima poesia, anche se la morte è simile al “fuggi fuggi / per le strade conseguente al fulmine, al tuono, / alla pioggia […] è giusto che piova, amore, / sui nostri capelli appena lavati”.


  • Genere: Poesia
  • Altro: Copertina di Luca D’Elia.

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