Vetrina. “Musica di merda”
La rivelazione di Carl Wilson, con un libro che andrebbe studiato nelle scuole.
Carl Wilson, noto critico musicale canadese, tra le pagine del suo saggio Musica di merda compie letteralmente un viaggio, nel quale viene coinvolto anche il lettore, e che prende spunto da un suo disgusto personale: quello per la musica di Céline Dion, soprattutto nel momento di massima fama della cantante canadese, che corrisponde all’uscita nelle sale di Titanic di James Cameron (1997); la Dion fu infatti interprete della canzone principale della colonna sonora, effettivo tormentone della fine degli anni Novanta, trascinato dal successo planetario della pellicola.
Questo spunto si rivela ben presto un mero pretesto per parlare del gusto e di quanto sia possibile rintracciarne un’effettiva oggettività. I gusti, infatti, sono frutto delle nostre personali esperienze, dell’ambiente in cui cresciamo, dell’imitazione di quelli dei gruppi umani che frequentiamo e di molto altro, non sempre facilmente esplicabile. Ma quanto più il gusto si allontana dall’oggettività tanto più è importante capire come ricondurlo ad essa. Ognuno di noi è naturalmente portato ad amare o ad odiare visceralmente certe cose, ma Wilson afferma che colui che fa della critica il suo mestiere, dovrebbe imparare a comprendere le ragioni profonde dei propri gusti e, di conseguenza, metterli da parte il più possibile in nome di un’obiettività di giudizio.
Wilson ci guida, con competenza ed ironia ma, soprattutto, con tantissima umiltà, all’interno di una ricerca approfondita del perché, molto spesso, impieghiamo la maggior parte delle nostre energie ad odiare qualcosa invece che dedicarci a divulgare ciò che amiamo. Il critico spiega che quello del disgusto è un meccanismo estremamente diffuso collegato, soprattutto, alla percezione di noi stessi all’interno della società e al valore che ci diamo rispetto agli altri. E questo è ancor più vero oggi in un tempo in cui l’opinionismo da blog sta rischiando di sostituire l’approccio critico in ogni campo.
Una nota a margine. La scelta del titolo italiano non solo risulta sgradevole, nel suo ammiccare evidentemente ad un certo tipo di persone che considerano una posizione critica la semplice ed immotivata espressione di un dubbio gusto personale, ma è anche un riferimento diretto a coloro da cui Wilson si distacca decisamente. Molto migliore il titolo originale: Let’s Talk About Love: Why Other People Have Such Bad Taste, infatti, non solo fa diretto riferimento alla canzone di Céline Dion dalla quale il saggio prende spunto, ma pone subito l’opinabilità del gusto al centro del dibattito.
- Genere: Saggistica
- Altro: Traduzione di Silvia Castoldi e Marco Passerello.