Vetrina. “Le età della vita”
L’interessante esordio narrativo di Paolo Mantioni, edito dalla Bébert
Fra tanti libri che son da definire tali solo perché ne hanno l’aspetto, o libri più o meno buoni ma che comunque non superano la barriera di un certo gusto comune e livellato, spicca la piacevole eccezione de Le età della vita, romanzo d’esordio di Paolo Mantioni. Uno scrittore già maturo, non solo all’anagrafe, che dimostra di saper condensare le sue conoscenze, e una certa (positiva) forma di “accademismo”, in un romanzo breve dal ritmo quasi perfettamente bilanciato, dove ciò che è stato appreso nell’arco di una vita non è oggetto – come spesso avviene – di compiaciuta ostentazione, ma solo di quella pura passione, propria di chi è saggio, mostrata e dimostrata con discrezione rara.
Tutto è fra le righe del ruolo centrale della storia, di quel protagonista che è studente, studioso, amante e lavoratore a tempo pieno, immerso nelle vivacità un po’ tossica della Roma degli Ottanta, con l’incubo del servizio di leva pendente come spada di Damocle su un capo già piegato dalle difficoltà del quotidiano.
Che queste siano gli insopportabili ingorghi stradali cittadini o la colorita confusione – probabile allegoria di un paese – del mercato ittico di via Ostiense, non fa molta differenza. La fa invece Carmine, personaggio “ai margini della società” e della vita; ma non della narrazione di Mantioni, di cui rappresenta di fatto il motore, nonché il fondamentale punto di forza. È lui infatti a stimolare l’eros platonico, la scintilla all’incendio della ricerca, nel giovane protagonista, deciso, dopo averlo incontrato, a conoscerne le abitudini, i luoghi, i segreti; a dare un senso e un ordine all’archivio ritrovato nella sua scarna abitazione – e che, significativamente, dà nome a un’ampia sezione del romanzo.
Interessante è assistere al progressivo dispiegarsi delle energie insite ne Le età della vita: stagnanti nella sua prima parte – un paio di capitoli macchinosi ed eccessivamente descrittivi -, poi implosive e, dopo ancora, in conclusione, vera e propria esplosione di un prolungato climax narrativo che si nutre di visceralità nascoste sotto una spessa, apparente patina di raziocinio. Quella tensione alla composizione ordinata, alla sistematica collocazione di posti, momenti e personaggi, facile ad essere considerata dal lettore come fine a se stessa, ma che poi si scopre essere “la profondità nascosta in superficie”, la struttura che rivela il contenitore, il cosa che dipende dal come – e soprattutto dal quando – lo si è detto.
- Genere: Narrativa italiana