Libri

Vetrina. “La vita in tempo di pace”

Mariangela Sapere

Dalla penna di Francesco Pecoraro, il torrente di pensieri di un antieroe disilluso ci illumina su come sono le cose viste dalla fine.

Ivo Brandani, 69 anni, ingegnere, mancato filosofo, riempie un pomeriggio d’attesa all’aeroporto di Sharm con la sue elucubrazioni su oltre mezzo secolo di storia personale e pubblica, a partire dal dopoguerra, raccontandoci La vita in tempo di pace.

Il lettore sbatte il muso sulla personalità di Ivo sin dalle prime pagine, in cui, quasi controvoglia, si affronta lo svisceramento degli eventi relativi alla presa di Costantinopoli e alla caduta dell’Impero Bizantino. Un turbinio di pensieri, la domanda di una vita, solo apparentemente banale e senza risposta, “perché sono belli gli aerei?”. Da qui un lungo flusso di coscienza che va a ritroso, dal recente all’antico: la storia del primo giorno da “responsabile”, con incarico pubblico, nella Città di Dio assediata delle acque; la scoperta del sé come un uomo di mare; gli anni di vacanza sull’Isola greca; la relazione con Clara; la vita da aspirante manager; le lotte studentesche; la scoperta di voler essere un costruttore di ponti; il primo innamoramento; le piccole guerre con i coetanei. Su tutto, il complicato rapporto con il padre.

La vita di Ivo scorre, mentre l’Italia si rialza e vive il boom economico. La casa diventa meno periferica, le vacanze estive durano 4 mesi: la libertà lontano dal giogo di Padre, iracondo e violento, con l’accondiscendenza di Madre, che protegge e avvolge. I primi ardori accompagnati dalle prime cocenti delusioni. Il Sessantotto e la costruzione di un’identità politica, noi non siamo come voi, la scoperta del sé, il ritrovarsi codardo, uno che scappa, uno che non ha fatto la guerra, che ha orrore del sangue, e ancora l’attrazione per il potere, l’umiliazione, la rivalsa.

Quante pagine servono per ritrarre un uomo che ha vissuto almeno tre quarti della propria vita? Quante, se quest’uomo ha un’impronta filosofica? Ivo Brandani è un disilluso, dipendente dal Tavor, fin troppo consapevole dei limiti dell’uomo e ancor più di quelli dell’uomo anziano. Ormai ha raggiunto l’età in cui non gli interessa essere simpatico, in cui non ha senso ostinarsi a vedere il bicchiere mezzo pieno. Il suo ritratto è complesso, sfaccettato, ampio, sincero, pieno. Il raccontare schietto della maturità che non si abbellisce, né si nasconde, impudico e naturale come un corpo sfatto, esposto sul tavolo dell’autopsia. Al ritratto personale si aggiunge il quadro della “Penisola”, ugualmente complesso. Un resoconto storico, sociologico, antropologico, ingegneristico, la solida architettura di un romanzo che sulle prime ti respinge, ma poi ti incatena


  • Genere: Romanzo

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