Libri

Vetrina. “Imeacht Brónach. Una miserevole uscita”

Francesca Fichera

Il breve ma vivido esordio narrativo di Ambra Porcedda, dalla collana de Gli irrisolti di Bébert edizioni.

Inaugura Gli Irrisolti, collana di micro-narrazioni indefinite ideata dalla casa editrice bébert, la solitudine biforcuta di Imeacht Brónach. Una miserevole uscita, esordio di Ambra Porcedda.

Parte del titolo è presto spiegata, e dall’autrice stessa: imeacht, in gaelico irlandese, significa “partenza”; brónach, invece, sta per “infelice”, “triste”. Insieme danno forma e senso all’altra faccia del titolo del libro – una miserevole uscita, per l’appunto – che è poi anche il nodo concettuale da cui si diramano tutte le parole di cui è fatto.

Ambra Porcedda comincia a raccontare proprio dall’Irlanda, dove fra l’altro ha vissuto davvero, doppiando i suoni estranei e gutturali campeggianti in copertina con Roísín Dubh, nome del primo dei suoi due racconti, da un canto politico irlandese risalente al XVI secolo e ora ridotto a insegna di un leggendario pub di Galway. Di sicuro un segno, anche se non si sa quanto voluto. Mentre appare soppesata la scelta, in linea con l’immaginario tradizionale di quei luoghi, di mettere in scena un divorzio, dalla nascita dell’amore alla sua fine, mescolando echi di magie e leggende con la cruda materialità del mondo reale.

Già solo per questo motivo Una miserevole uscita avvolge e coinvolge, in virtù della sua potente (e anche angosciante) atmosfera come della scrittura ricercata, eppure naturale, di chi scrive, che dimostra di possedere una più che discreta dimestichezza con la mimesis e i suoi segreti. Certo, in Un’esclusione, seconda delle due storie, soprattutto dal personaggio maschile (quello di Stefano) si desume una mancanza di distacco che rende fin troppo visibile il giudizio dello scrittore, una caratterizzazione eccessiva che smussa gli angoli della delicatezza. Ma, nonostante questo, il libro di Ambra Porcedda non perde neanche una briciola del suo fascino: attira e tira fino in fondo, allungando i finali oppure spezzandoli, come a voler imitare la sorte. Contro la quale, fra le righe, pare suggerire un non troppo velato carpe diem, minacciato di continuo dall’ironia sardonica dell’esistenza.


  • Genere: Racconto

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