Vetrina. “I detective selvaggi”
Roberto Bolaño regala al lettore una cosmogonia letteraria coinvolgente ed unica attraverso uno stile difficilmente dimenticabile.
Quando capita di leggere un testo come I detective selvaggi di Roberto Bolaño è impossibile non rendersi conto immediatamente di essere davanti ad un’opera importante ed impegnativa. E non è solo una questione materiale dovuta al considerevole numero di pagine del volume ma, soprattutto, una questione linguistica e contenutistica che fa di questo libro qualcosa di cui è impossibile non percepire la portata.
Fin dalle prime pagine l’autore cileno ci fa capire chi è che regge il gioco ed è come se stringesse col lettore una specie di patto implicito, chiedendogli di dimenticarsi ciò che ha letto prima di questo momento per sottoporgli quella che si potrebbe definire, a tutti gli effetti, una cosmogonia letteraria. Perché nell’opera di Bolaño c’è tutto; è una di quelle opere totali che, attraverso uno stile narrativo inconfondibile ed assolutamente originale, racconta una vicenda che non è mai espressione di una singola storia ma si mescola e si confonde in ogni momento con la Storia maiuscola, quella del Messico a partire dalla metà degli anni Settanta. Il Messico è il paese d’adozione di Bolaño ed è il luogo in cui è ambientata la parte centrale delle numerose vicende narrate nel romanzo, costituendone prologo e conclusione e, nello stesso tempo, emergendo come luogo dell’anima dell’autore che ne descrive minuziosamente il clima e l’atomosfera.
I detective selvaggisi connota in maniera ambiziosa anche a livello di struttura, suddividendosi in tre parti nettamente distinte ma evidentemente collegate dalla presenza dei medesimi personaggi, e caratterizzandosi per una moltitudine di voci narranti che si alternano e si confondono per comporre come un mosaico le vicende narrate.
L’abilità narrativa di Bolaño, per quanto appaia immediatamente come originale e unica, esplicitandosi in un’alternanza di parti prettamente narrative e altre meramente descrittive – colpiscono, ad esempio, le sue liste di poeti, definiti senza mezzi termini froci o frocioni o checche dallo stesso autore, che si premura di anche di sottolineare la differenza tra questi termini o quelle di carattere esplicitamente sessuale – denota, ad una lettura più attenta, un forte legame con la letteratura d’appendice europea, in cui l’elemento rocambolesco, iperbolico ed eccessivo tende a suscitare meraviglia nel lettore, spesso con il mero scopo di intrattenere. Non è così per Bolaño in cui, pur essendo l’effetto della meraviglia sfruttato pienamente, è invece utilizzato per creare un romanzo la cui valenza letteraria è forte e indubbia.
- Genere: Romanzo
- Altro: Traduzione di Ilide Carmignani.