Vetrina. “Ho parlato alle parole”
“La parola primordiale, il silenzio e il canto dentro il silenzio” risuonano in Ho parlato alle parole (Oèdipus), seconda raccolta di poesie di Luca Buonaguidi.
Ho parlato alle parole (Oèdipus) è la seconda raccolta di poesie del ventisettenne pistoiese Luca Buonaguidi, laureato in Psicologia e blogger di musica, cinema e letteratura. Composta quattro anni dopo I giorni del vino e delle rose (Frammenti), l’opera è caratterizzata – per stessa ammissione del poeta – da un “più maturo pensare poetico” che molto deve non solo a un lungo soggiorno in India, ma soprattutto a un verso di Vittorio Reta: “So che al mio silenzio non ho avuto risposta perché non miravo mai al centro”.
Partendo da questa “autentica folgorazione”, Buonaguidi si affranca dai modelli dei poeti a lui più cari – Carnevali, Rilke, Rimbaud – pur riservando loro un componimento o, per usare ancora le sue parole, “invoca un lamento ultimo” onde intraprendere un percorso più personale caratterizzato da una “implicita sottrazione esistenziale e poetica”. Mediante tale ridimensionamento del sé, l’autore riesce finalmente ad “abitare” le parole piuttosto che a ricercarle senza posa, instaurando con esse un rapporto più consapevole. Il risultato è dunque “un dialogo irriflesso con quel fantasma che ci cammina accanto, la cronaca generosa di un avvicinamento al silenzio”.
Le 42 poesie in versi sciolti che compongono l’antologia, seppur diverse per lunghezza e soluzioni stilistiche, sono accomunate da un ritmo sostenuto e da un periodare breve, ma non frammentato, argine poco ingombrante di un flusso di memorie e riflessioni che instaurano un rapporto osmotico con il bianco del foglio, generando un senso di armonia tra opposti (bianco/nero, parole/silenzio). Armonica è anche la distribuzione tematica che si riscontra nel testo: il già menzionato motivo del silenzio, espressamente citato in poesie quali Di certo ho compreso e La diserzione del giorno, si compenetra a paesaggi notturni – come nella decadente Le mie notti, forse uno dei componimenti meglio riusciti insieme a La diserzione del giorno – ad atmosfere sfocate e potenti – come “il nerogrigio di cui non so godere” di Tu che entri, irradiami o “il lieto aleggiare del dubbio tremendo” di Senza sangue né ambulanze – o ancora a quel senso di “perenne varcare” molto bene espresso in Apolidi istanti e, infine, alle riflessioni sulla poesia e sull’essere poeta di Poesia, Per futili motivi e Compito dei poeti.
Seppure non manchino componimenti acerbi, infarciti di arcaismi e allitterazioni, Ho parlato alle parole rappresenta un’importante tappa raggiunta all’interno del percorso tracciato dal poeta: far risuonare la “parola primordiale, e il silenzio, e il canto dentro il silenzio” (Poesia).
- Genere: Poesia