Vetrina. “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti”
La pluripremiata autrice polacca Olga Tokarczuk ci offre un romanzo leggero e profondo al tempo stesso
Nella Conca di Klodzko, quattro case al confine tra la Polonia e la Repubblica Ceca, il vento non cessa mai di soffiare. Per il resto si direbbe un paesino tranquillo, beatamente semi-deserto, specie durante il rigidissimo e lungo inverno. Improvvisamente però alcuni abitanti vengono uccisi; la protagonista, Janina Duszejko, è convinta che si tratti di omicidi compiuti dagli animali per vendicarsi della violenza degli uomini, ma in pochi sono disposti a credere a quella signora “un po’ stramba”…
Guida il tuo carro sulle ossa dei morti è un romanzo sorprendente, nel senso che si diverte appunto a sorprendere il lettore disattendendo le sue aspettative: i toni violenti e tetri evocati dal titolo (prima di una lunga serie di citazioni di Blake), ad esempio, sono del tutto assenti nel testo, così come la tensione tipica del giallo. Più dei delitti, al centro della trama vi è una riflessione sui rapporti intessuti dall’uomo con la natura e con gli altri uomini, entrambi colpevolmente intaccati da un ingiustificato antropocentrismo quanto mai difficile da curare, alimentato, com’è, da secoli di indottrinamento istituzionale.
A combattere contro questi possenti mulini a vento vi è la più improbabile delle eroine: una donna anziana, piena di acciacchi – chiamati da lei “Disturbi”-, fissata con l’astrologia, gli animali e Blake. Janina è anticonformista ed eccentrica e ha tutta una serie di sue “Teorie”, come l’avversione per i nomi (primo fra tutti il suo) e i cognomi ai quali preferisce “definizioni che vengono in testa spontaneamente quando guardiamo qualcuno per la prima volta”. Malgrado l’età e lo spleen che spesso l’assale, Janina sa essere divertente, perfino cinica – “alla mia età, e nelle mie condizioni, prima di coricarmi dovrei sempre lavarmi i piedi con cura, nel caso l’ambulanza venisse a prendermi di notte” è l’incipit del romanzo – senza per questo perdere quell’infantilità che in fondo è la sua forza.
Olga Tokarczuk, pluripremiata autrice tra le più note in Polonia, ci regala un romanzo certamente originale, leggero e profondo al tempo stesso. A dispetto di una certa lentezza narrativa e della presenza di alcune frasi a effetto che rasentano la banalità, la prosa è scorrevole, l’uso della prima persona decisamente efficace e le digressioni astrologiche molto ben riuscite. Interessante anche l’impiego delle iniziali maiuscole per alcune parole ricorrenti nel testo (“Ira, Cagne, Fanciulle, Terrore…”), che non solo enfatizza la peculiarità della protagonista, ma mostra anche visivamente la sua convinzione per le proprie idee. E fa bene, soprattutto in questo periodo di teste chine e sguardi spenti, ritrovare questa passione, questa forza che spinge a continuare a credere, nonostante tutto.
- Genere: Narrativa straniera
- Altro: Traduzione di Silvano De Fanti