Vetrina. “Guardami”
Da Jennifer Egan, Premio Pulitzer 2010 per Il tempo è un bastardo, un romanzo fatto di esistenze intrecciate, quotidiane e drammatiche, cadenzate dal ritmo del giallo più avvincente
Ci mette un poco, Jennifer Egan, ad innescare l’inatteso, mirabile marchingegno del suo Guardami. A far sì che esso sprigioni tutta la carica, l’energia e l’essenza di una sapiente rappresentazione delle emozioni umane controbilanciata da una scrittura d’incredibile pacatezza e piglio descrittivo, ai limiti della precisione scientifica. Una narrazione che come le sue migliori sorelle contorna il personaggio centrale – la modella Charlotte, rimasta sfigurata in seguito a un incidente d’auto – di tante altre identità, correlate nello spazio e nel tempo, che di quel personaggio rappresentano in realtà le facce (e le facciate) alternative, i volti diversi di un unico mondo interiore.
Guardami inizia il suo percorso in prima persona, osservando dagli occhi e parlando con la voce di Charlotte, versione ultramoderna di un fu Mattia Pascal ancora privo della volontà vera di abbandonare la sua vecchia vita; ma alla cui scelta definitiva contribuirà quella stessa dimensione con una progressiva e inarrestabile condanna all’isolamento, all’espulsione. E questo percorso di solitudine, di sostanza riportata alla luce dal dolore che non può più trovare spazio fra le immagini ostentate e le apparenze anestetizzate della società, è destinato a biforcarsi per seguire i passi di un’anima omonima, figlia adolescente di colei che di Charlotte fu la migliore amica negli anni più belli, precedenti l’ascesa e la caduta del successo. Jennifer Egan espande le due strade gemelle – la Charlotte grande e quella piccola – ramificandole in un sistema di relazioni vividamente approfondite, di caratteri forti ed efficaci, frammenti di un grande specchio nel quale, in modo alterno, le protagoniste si riflettono per prendere forma. E ricongiungere tutte le ramificazioni in un’unica via, continuazione e insieme conclusione del percorso originario.
L’ultima prova dell’autrice di Scatola nera – fortunato romanzo in tweet – è l’ennesima dimostrazione di un talento narrativo fuori dagli schemi, per certi versi accostabile alla creatività fluida (e fluviale) del conterraneo ‘re del brivido’ Stephen King; e che, a differenza di quest’ultimo, inventa e collega storie non entro i confini di un solo – per quanto ampio – genere, bensì mescolandone tanti. E finendo col fare del suo testo un’avvolgente massa metamorfica, sorprendente ad ogni capitolo, commovente una pagina ogni cento, capace di passare dal dramma esistenziale all’erotismo fino alla tensione del giallo senza tradire né sopravvalutare nessuna delle sue cornici.
La parola d’ordine della Egan è l’equilibrio: anche (e soprattutto) laddove la scrittura interroga il mistero dello squilibrio umano. E lì riesce egregiamente: non nel pretendere improbabili risposte, ma nel trovare e formulare le domande giuste. Nel non andare oltre la magia del segreto, di un’insolita e scarna profezia pronunciata come un mantra dall’uomo-personaggio Moose, quella che recita: “Noi siamo ciò che vediamo”.
- Genere: Romanzo
- Altro: Traduzione di M. Colombo; M. Testa