Vetrina. “Fine impero”
Eccellente racconto di un nulla in cui gli umani galleggiano, consapevoli del fatto che quelli da vivere sono solo gli strascichi di esistenze ormai prive di significato.
Fine impero di Giuseppe Genna è la storia di un declino personale che si accompagna all’inesorabile declino dell’Italia di oggi. Il tema della perdita apre e costeggia il romanzo: il protagonista e narratore, infatti, è l’uomo che ha perso tutto, così si definisce, perché ha patito la deprivazione peggiore: la sua bambina di dieci mesi, vittima di una morte in culla.
Impressionante la scena del funerale, nel capitolo d’apertura, in cui il dolore dei genitori è così intenso da trasfigurarne i volti. Le ossa si spostano lentamente, i connotati si modificano e chi gli si avvicina per le condoglianze, risulta contagiato da un forte malessere fisico. L’ambiente è una periferia milanese abitata da un’umanità che trascorre ore nello stagno culturale dei programmi televisivi. Da questo grigiore periferico si passa ad altri luoghi. Lui, il padre, ex scrittore passato a una rivista di moda, si trova a una sfilata, luogo del transeunte, dove conta l’apparire, l’essere nel giro. Una modella minore, una kazaka, lo introduce alla corte dello zio Bubba, uomo avvezzo all’ambiente, che muove fili, gestisce eventi e persone. Attorno a lui una claque di aspiranti protagonisti della tv, i nani e le ballerine dei nostri tempi, che annoverano la partecipazione a un reality tra le loro maggiori aspirazioni. Giovani, patinati, vuoti. Tramite lo zio Bubba, l’uomo che ha perso tutto, ha accesso alla “Villa”, il cui “Proprietario” non può non avere le sembianze di Silvio Berlusconi. Qui i giovani sono di casa, si muovono senza senso stravaccati e immersi nella “Festa” continua, appesi agli schermi piatti su cui scorrono immagini dell’Italietta televisiva o del padrone di casa, assuefatti da droghe, sesso senza sentimento, sparsi tra le stanze dell’impero che sta per finire. Qui, l’incontro del protagonista con una donna dai capelli biondo cenere, innesca uno strano meccanismo di rimodulazione del senso del romanzo, un corto circuito in cui la fine e l’inizio si sovrappongono.
Lo stile letterario di Genna è ricercato, il protagonista è pur sempre uno scrittore e da scrittore si esprime. Frasi composte come liriche si mescolano a riferimenti all’attualità italiana recente e passata: alle note è demandato il ruolo di ancoraggio alla storia, con spiegazioni enciclopediche su vari elementi del testo (dalla storia lontana di Lucio Flauto a quella recente di Stefano Cucchi). Fine impero è il romanzo di una fine, che da una fine comincia, salvo poi cambiare aria e tempo, mantenendo permanente la condizione della perdita, in cui l’umano che procede trascinandosi si trova a salire su una giostra che a sua volta si trascina seguendo un’orbita ripetitiva, circolare e triste. «Si muore sempre alla fine, è questa la banalità orrenda. È certo che finisce. Finiscono gli imperi, a maggiore ragione gli umani».
- Genere: Romanzo