Vetrina. “Esche vive”
Tre giovani vite si intrecciano sullo sfondo di una inedita, desolata, dolce-amara provincia pisana: tutto questo nel romanzo di Fabio Genovesi, ripubblicato dalla Mondadori
Fiorenzo 19 anni, protagonista di Esche vive di Fabio Genovesi, è in terza media quando, durante la caccia al mostro del lago, perde una mano. Conosce ben presto il vuoto e ce lo spiega: «Il vuoto vero non è il niente, ma il niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa. Qualcosa di importante». Insieme alla mano destra, perde il rapporto con il padre, ex ciclista e allenatore che, dal momento in cui il figlio non può andare più in bici, rivolge le sue attenzioni ad altri ragazzi. A 18 anni, resta orfano di madre, ma nonostante le difficoltà della vita e dell’età, conserva l’ironia e i sogni, coltiva con gli amici la passione per la musica, e da solo quella per la pesca. Fiorenzo vive nella noia mortale di Muglione, paese minuscolo in provincia di Pisa: un buco in mezzo a fossi paludosi, che impregnano l’aria di un odore stagnante. Mirko, 15 anni, è conosciuto come il “campioncino”, corre in bici e vince sempre. Osannato dal paese, è oggetto dell’ostilità dei compagni – di scuola e di squadra – e della curiosità morbosa dei tifosi, che gli impedisce di essere un ragazzino come gli altri. Lontano dalla famiglia, che non mostra di sentire la sua mancanza, trova un punto di riferimento in Fiorenzo, che a sua volta lo detesta e ne è geloso. Tiziana è il classico esempio di trentaduenne in crisi per la crisi. Reduce da brillanti studi a Berlino, si ritrova di nuovo a Muglione dove dirige l’informa-giovani, che però, data la composizione demografica del paese, è un ritrovo per anziani. Le vite dei tre si intrecciano, in una parentesi dell’esistenza che sarà nuova, strana e importante per ognuno di loro.
Fabio Genovesi racconta, con uno stile fresco, la sensazione di spaesamento che caratterizza certe fasi della vita in cui ai sogni e alle delusioni è riservata la stessa quantità di spazio. Sfata il mito della campagna Toscana, scrivendo di un paese immobile, in cui i giovani sono portati via dalla disoccupazione e rende bene la stagnazione di un luogo che si identifica nei suoi fossi, nei quali non c’è niente da pescare e niente da sperare. Sa essere divertente nel tratteggiare i numerosi personaggi e nei dialoghi, amaro nel dipingere un quadro in cui l’happy end è sempre dietro l’angolo, ma non è detto che si verifichi. Esche vive assomiglia alla vita, in cui a volte succedono cose brutte, a volte cose belle, a volte niente. I personaggi sono veri, agiscono seguendo gli istinti e commettono errori, fanno cose stupide, provano sentimenti che non comprendono, hanno paura, scappano, vivono. «E sono felice? Non lo so», si dice Fiorenzo nell’ultimo capitolo, «Ci sono le persone felici e le persone tristi, poi ci sono le persone vere. Che a volte sono felici e a volte tristi». Così è.
- Genere: Narrativa italiana