Vetrina. “Doctor Sleep”
Il ritorno di Stephen King e dei fantasmi di The Shining con una storia magica, matura e malinconica che rievoca la grandezza del passato.
The first cut is the deepest – il primo taglio è il più profondo. Ma il secondo, spesso, è fatto meglio.
Vale questo principio per Doctor Sleep, attesissimo sequel di The Shining nonché ultimo romanzo – ma ce n’è già pronto un altro per la bella stagione – di Stephen King: cinquecento pagine, in linea con i consueti tempi e modi di sviluppo narrativo, impregnate dello spirito più maturo del Re del brivido; un re che si confronta – letteralmente – con i fantasmi del passato, che torna indietro e va oltre, rendendo violabile il mondo dell’infanzia – finora, almeno nei suoi libri, mostrato dalla parte dei vincitori e non da quella dei vinti – e privando il mondo adulto di qualsiasi forma di serenità che non sia incerta.
Il Danny che fuggiva da suo padre, o da ciò che ne restava, è cresciuto, ma non ha smesso di correre via da quel male che pur era riuscito ad amare perché l’aveva generato. E al quale teme, più d’ogni altra cosa, di assomigliare, servo di quel terrore alla Camus secondo cui «la schiavitù è certezza di essere peggiori». Così, per una legge che qualcuno chiama karma e qualcun altro Murphy, ce la fa: assume tutta la sua eredità cattiva, insieme con quella, altrettanto importante, dello shining. Che finirà ancora una volta col venirgli in aiuto, spingendolo a ritrovare se stesso e le sue origini, il buono che in lui c’era e che grazie ad Abra, ragazzina dotata della sua stessa magia, potrà rinascere. E questo anche se i “diavoli vuoti”, come in ogni guerra fra buoni e cattivi che si rispetti, attendono dall’altra parte, pronti a rovinare (e rubare) tutto il bene possibile.
Dopo il discreto successo di Joyland e il turbine distopico di 22/11/’63, King torna a immalinconire se stesso e i propri lettori – come in parte era riuscito a fare nel trascurato La leggenda del vento – con lo stile di sempre, cui l’età aggiunge il pregio di una profondità prismatica, dalle mille ombre e una sola, fulgida luce. Sotto la coltre di botta e risposta, azione incalzante (che aggancia soprattutto, e come da copione, nelle ultime centocinquanta pagine), descrizioni un po’ prolisse e brividi sottili, emerge il corpo di un duro faccia a faccia con la coscienza che il tempo appesantisce e sfianca. Come a dire – e se lo dice uno che è stato per anni negli Alcolisti Anonimi, c’è da fidarsi due volte – che l’unica dipendenza da cui l’uomo ha da liberarsi davvero è quella con gli anni trascorsi. Fare i conti col passato: conta solo quello. O non ci saranno sonni tranquilli, né Dottor Sonno in grado di placarne gli incubi prima della morte.
- Genere: Romanzo; horror
- Altro: Traduzione di Giovanni Arduino.