Verso la vendita di Palazzo Bocca Trezza a Verona
L’indifferenza generale al macroscopico problema del degrado in cui versa una parte non indifferente del patrimonio storico architettonico del paese sta portando a perdite sempre più spesso irrecuperabili.
La storia, ben nota, si ripete. Dopo Castel San Pietro, Palazzo Forti e Palazzo del Capitanio, il Comune di Verona si accinge a vendere un altro gioiello architettonico della città. Palazzo Bocca Trezza, edificio cinquecentesco a due passi dal centro storico, è abbandonato e fatiscente ormai da anni e non sono previsti piani di recupero ma di alienazione. Nel 1922 la famiglia proprietaria aveva donato il palazzo al Comune di Verona con la clausola di destinarlo a scuola “per giovani talenti dell’arte”, e così è stato fino al 2009 (era la sede dell’Istituto d’Arte N. Nani), quando l’edificio è stato abbandonato e il piccolo parco circostante è diventato giardino pubblico.
Secondo quanto riportato dal quotidiano “L’Arena”, la decisione di vendere l’immobile non è ancora inserita nel bilancio di previsione del Comune, ma la volontà è già emersa ufficialmente durante una delle ultime riunioni della commissione consiliare seconda. L’allarme arriva dalla Consigliera PD in prima Circoscrizione Elena Lake, che il 4 settembre scorso ha organizzato una visita guidata gratuita e un concerto del pianista Paolo Zanarella per sensibilizzare l’opinione pubblica. La consigliera lancia la controproposta “di utilizzare parte dell’immobile per le attività della Circoscrizione (tra cui mostre, corsi formativi etc.) e di affidare gli altri locali e il giardino del Palazzo ad associazioni interessate a prendersene cura e a svolgervi le proprie attività.”
Il nodo cruciale, di difficilissima soluzione, è però quello di convincere il Comune di Verona a rinunciare agli introiti della vendita e, soprattutto, recuperare i fondi per i restauri necessari, che ammonterebbero ad alcune centinaia di migliaia di euro, se non di più. L’edificio ha già subito pesanti (e discutibili) interventi per l’adattamento a struttura scolastica, i preziosi camini di Bartolomeo Ridolfi e gli affreschi di Battista del Moro, Bernardino India e Paolo Farinati sono in stato di drammatico degrado e, negli ultimi anni, gli atti di vandalismo hanno peggiorato la situazione già di per sé preoccupante.
Al di là della possibile vendita del palazzo, per cui si potrebbero impiegare mesi se non anni, la responsabilità del Comune di Verona è gravissima. Il Codice dei Beni Culturali impone a enti pubblici e privati “l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza” (art. 30), un’ovvietà purtroppo quotidianamente disattesa dal nord al sud della penisola. L’indifferenza generale al macroscopico problema del degrado in cui versa una parte non indifferente del patrimonio storico architettonico del paese sta portando a perdite sempre più spesso irrecuperabili, senza che dal MiBAC arrivino segnali di una nuova e necessaria progettualità su larga scala a riguardo. Il problema è chiaramente strutturale e sotto gli occhi di tutti: mancano i soldi per restauri e riqualificazioni, e le sanzioni comunque sono rare. Eppure, bisognerebbe cominciare a chiedersi come avviare una politica efficace che aiuti i proprietari dei beni a trovare fonti di finanziamento e li convinca che il recupero non è un optional ma un dovere.