Un decennio fa fu la volta del documentario The Fog of War, dedicato a Robert S. McNamara, e ora lo statunitense Errol Morris torna con un altro ritratto biografico, The Unknown Known. Sui grandi schermi del Lido, per Venezia 70, stavolta la figura protagonista è quella di Donald Rumsfeld, diplomatico eletto appena trentenne, nel 1962, alla Camera dei Rappresentanti. Segretario della Difesa, Rumsfeld è una figura chiave del discusso conflitto iracheno.

“L’ignoto noto è ciò che sappiamo di non sapere”, un gioco di parole strombazzato per tutta la durata del film-intervista che vuole indagare il personaggio Rumsfeld, le proprie decisioni, dichiarazioni, il rapporto di amore-odio con la stampa. Milioni di fiocchi di neve, come chiama il protagonista quei promemoria che ha lasciato nel corso della propria carriera, documenti e filmati di repertorio scandiscono date e momenti salienti. Morris pone domande senza comparire mai davanti lo schermo, l’intervistato – compiaciuto – risponde. Colui che ha vissuto la storia americana, che in parte l’ha proprio “fatta”, è la voce del racconto. Negli anni cambia incarichi, ruoli, fino a diventare, dopo quel tragico 11 settembre, l’artefice della guerra in Iraq.

Morris si concentra essenzialmente sul periodo che va dal 2001 al 2006, quando Rumsfeld si dimette. Chi è il vero nemico in Iraq nel 2003? Cosa rappresenta Al Qaeda? Quali sono i metodi di interrogatorio tanto discussi e fino a che punto potevano spingersi? E fin dove, in realtà, si sono spinti? E poi la domanda più sentita e la risposta, in quel momento doverosa, che rischia di annegare nel sardonico più controverso.

Rumsfeld è un oratore professionista e, attraverso l’eloquio meglio modulato, sa come manipolare anche il più esperto giornalista. Politico esperto, auto compiaciuto, stratega talentuoso, l’ex segretario della difesa statunitense riesce persino a rubare qualche sorriso sincero allo spettatore. Fornisce la propria versione su mezzo secolo di storia americana e si spinge rincarando la dose, affermando con una sicurezza che non si può scalfire, che la politica estera di Obama non è molto lontana dal suo predecessore. Al regista va il merito di aver posto particolare attenzione sulla questione del terrorismo, a Rumsfeld, lo si apprezzi o meno, lo si condivida o meno, quello di saper intrattenere l’ascoltatore. Il documentario non è potente come il già menzionato The Fog of War, ma vale la visione.