Valerio Aprea // Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta
“Non è vero che si cresce lentamente e armoniosamente. Si cresce tutto insieme. In un giorno. In un’ora”. Solo che poi, col passare degli anni, finisci per dimenticartene. Arrivano altri ricordi, altri eventi, altre esperienze che si accumulano e si stratificano e lasciano quel giorno, quell’ora, sul fondo, nascosta, persino a te stesso. Fino a quando non ti capita di incontrare qualcuno che grazie al potere delle parole, e a quello della recitazione, riesce, senza che tu nemmeno te ne accorga, a riportarti esattamente lì, a quel momento. A quel giorno. Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta, reading di Valerio Aprea (volto noto sul piccolo e sul grande schermo per Smetto quando voglio, Boris) con testo tratto da un racconto di Sandro Bonvissuto (Dentro, Einaudi, 2012), per la produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale in collaborazione con Flautissimo Festival, ha aperto la stagione 2024 del Teatro India, dove è in cartellone fino al 27 ottobre.
È la storia di un bambino, di un pomeriggio d’estate (perché solo d’estate ciò che accade “ha tutta la potenza necessaria per diventare un ricordo”), e della sua interazione con il microcosmo di piccoli amici e adulti vicini che gli ruotano attorno.
Una “piccola” storia che si fa universale, un gioiello di scrittura e interpretazione in un racconto denso che alterna con naturale maestria diversi registri emotivi, e che prende vita nella recitazione di Aprea, capace di restituire con il solo mezzo della parola temperature, sensazioni, atmosfere e attimi vissuti.
Il formato del reading, della lettura di un testo originariamente concepito per essere letto e non declamato può, di norma, incorrere nel rischio di appesantire il racconto, e di non riuscire a restituirne la forza. Non è questo il caso: sulla scena essenziale, fatta di un leggio e un pugno di luci di quinta, si appoggia con naturalezza la scrittura di Bonvissuto e l’interpretazione di Aprea, capaci loro di rievocare un mondo intero, come solo i grandi narratori sanno fare.
[Immagine di copertina: foto di Stefano Cioffi]