Arti Performative

Teatro di Roma/Fabrizio Arcuri // Ritratto di una capitale

Marcella Santomassimo

Roma nell’arco temporale di un giorno. 24 ore, 24 scene, 24 luoghi raccontati dalle penna di 26 autori interpretati da oltre 60 artisti.


 

Roma nell’arco temporale di un giorno. 24 ore, 24 scene, 24 luoghi raccontati dalle penna di 26 autori interpretati da oltre 60 artisti. Al Teatro di Roma Antonio Calbi ha dato i numeri e ha sfidato la crisi culturale e – perché non citarla – anche economica, di una città; con un’operazione che sa, oggi, quasi di titanico: restituire il teatro ai cittadini e a Roma il suo teatro. Roma raccontata in 5 giorni al Teatro Argentina in una maratona teatrale che guarda alla città con fare non indulgente, poetico ma severo. Con Ritratto di una Capitale e con Antonio Calbi il Teatro riparte da Roma. Roma riparte dal suo teatro (come recita la claim della nuova campagna teatrale). Dalle 18.00 alle 24.00, dalle 20.00 alle 03.00 di notte il teatro Argentina ha visto gente entrare e uscire dalle sue porte, gruppi soffermarsi di fronte alle sue fattezze storiche, indugiare nel foyer. Un teatro in fermento, un brulicare di persone, un via vai di gente programma alla mano, posto libero in sala.

Fabrizio Arcuri ha curato la regia di questo importante progetto per la città di Roma, riunendo sotto un unico impianto scenico e visivo le 24 scene, con il prezioso contributo del set virtuale di Luca Brinchi, Roberta Zanardo/Santasangre e del tappeto sonoro dei Mokadelic. Attraverso i racconti si delineano luoghi, paesaggi e strade impresse nelle memorie e negli occhi di chi la città la vive, di chi sente sulla pelle la sua decadenza, di chi la odia, come Anna Boniauto in Odio Roma, ma che si perde poi tra le sue piazze, i suoi vicoli e le sue rovine, di chi la vive di notte come gli Angeli cacacazzi di Elena Stancanelli, interpretati da Sandro Lombardi e un fascinoso e maledetto Roberto Latini; chi ne vive le contraddizioni, le emarginazioni o le male sorti come Leo Gullotta nelle vesti di Domenico Deianira, pescatore di pesce marcio sulle sponde del Tevere accompagnato da un impianto visivo di rara bellezza sospeso tra le acque, specchio di monumenti e fronde, e il cielo. E ancora chi ne subisce le violenze come l’infermiera romena di Lucia Mascino, uccisa alla stazione Anagnina da un pugno sganciato con mano fredda da un ragazzo razzista e impulsivo per un banale litigio. L’elaborazione scenica di Fabrizio Arcuri come un puzzle ad incastro, crea luoghi e li scioglie; in ogni parola il dolce e l’amaro di Roma bella, Roma massacrata, Roma piegata, sempre in movimento, sempre uguale a se stessa. Tutto si trasforma sul palco, le statue di bronzo cambiano forma, si modellano e si espandono all’interno degli schermi che sovrastato il palcoscenico sotto le note rock psichedeliche dei Mokadelic prima di solidificarsi e assumere di nuovo le loro fattezze originarie. Ciò che rimane di questo Ritratto è meraviglia e repulsione, miseria e poetica di una capitale che maestosa come le sue statue di bronzo si espande pur conservando la sua immobilità.

Format già sperimentato dallo stesso Calbi nella città di Milano assume qui, nella nostra città, carattere di urgenza, operazione catartica e inaugurale di un nuovo ciclo che faccia bene a Roma e al Teatro.

Ritratto di una capitale è stato anche un importante momento di incontro e formazione per giovani attori. Coinvolti nel progetto gli allievi del Terzo anno dell’Accademia d’Arte Drammatica Cassiopea e gli ex allievi del Centro Internazionale La Cometa.


Dettagli

  • Titolo originale: Ritratto di una capitale

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