Hiroki Ryuichi racconta, anche con una certa leggerezza, una storia di amore e sesso in un albergo a ore, dove i rapporti si consumano nell’alienazione e nella mancanza del confronto.
I semi-sconosciuti fratelli statunitensi Zimbalist dirigono un biopic sul dio brasiliano del calcio fra una regia discreta, fatti realmente accaduti e qualche romanzata di troppo.
Emmerich racconta il movimento per i diritti degli omosessuali nato a fine anni ’60 a New York: tra il romanzo di formazione e l’interesse per le minoranze, si snoda una storia di coraggio.
Trionfatore al Goya, con ben cinque premi su sei candidature: con queste premesse giunge in Italia l’ultima, commovente, opera dello spagnolo Cesc Gay.
Debutto sul grande schermo per Dani de la Torre che butta giù un thriller “alla guida” niente male, tra banche, telefonate minacciose, giochi di ruolo e suspense.
David Grieco, amico di Pier Paolo Pasolini, ne racconta la storia grazie a un’accurata contestualizzazione e un Massimo Ranieri in grande spolvero: un omaggio riuscito solo a metà.
Una storia d’amore omosessuale, tormentata e dolorosa, ma anche tenera e delicata, raccontata da Andrew Haigh nel 2011 e arrivata in prima visione in Italia in questi giorni.
Pellicola in rosa, a partire dalla regista Sarah Gavron che dirige donne “stellari” nel narrare il movimento suffragista del Regno Unito e la battaglia per il voto alle donne.
Esordio cinematografico per Fabio De Luigi, al suo primo lungometraggio come regista, soggettista e sceneggiatore. Commedia dolcemente ambiziosa, ma dal risultato mediocre.
Il 55esimo lungometraggio Disney è un sogno per bambini e non solo: gag, messaggi positivi e ideali in cinemascope. Un originale misto tra noir e commedia per tutti i palati.