Vetrina. “Animali domestici”
Una scrittrice racconta un’altra vita e ripercorre il suo passato, nel premiato romanzo di Letizia Muratori.
Animali domestici di Letizia Muratori è un falso autobiografico sulla complessità delle relazioni, su come ci si lascia usare per bisogno di tenerezza e di sicurezza, sui legami morbosi che rendono gli individui addomesticabili.
Letizia è una scrittrice quarantenne di famiglia borghese. Ci imbattiamo in lei in casa di Edi Sereni, noto giornalista, più anziano, che conosce da sempre perché padre di Chiara, cara amica di infanzia, ed ex marito di Lia, amica di sua madre.
La morbosa relazione con Edi ha i prodromi nell’adolescenza della ragazza, ma si concretizza solo a venticinque anni ed è reduce da un matrimonio finito male. Dopo un periodo di distacco, la ritroviamo nell’appartamento di lui, dove si rifugia per scrivere quando ha bisogno di allontanarsi da Marco, l’attuale compagno, con cui le cose ormai non vanno. Da un incontro con Chiara, che sta vivendo il momento più drammatico della sua vita, nasce una promessa: la scrittrice metterà nero su bianco la storia dell’amica, partendo dal suo diario. Chiara è una ragazza fragile innamorata dei cani, nella cui casa-canile il padre, Edi, ha mandato la guardia di finanza allo scopo di distoglierla dalla sua fissazione e rovinandole, di fatto, l’esistenza. Il diario diventa l’occasione, per Letizia, di ripercorrere la propria vita, gli eventi che l’hanno fatta crescere senza maturare e l’hanno resa dipendente da Edi.
La lettura di Animali domestici parte lenta ma dopo qualche pagina carbura, grazie al riuscito personaggio di Edi, odioso e amabile al tempo stesso. Un uomo cinico, che non le manda a dire, ha la smania di sapere tutto, di avere il controllo e ogni frase che pronuncia ha il pregio di essere vera, antipatica, simpatica. La relazione tra i due personaggi si delinea a poco a poco: un quadro che si chiarisce nel suo insieme a partire da vari tasselli, con l’ironia intelligente della Muratori. Non scollegata da tutto il resto, anzi legata da diversi lacci ai personaggi e agli eventi, la storia di Chiara allarga l’ambito di attenzione. Si potrebbe pensare a un mero espediente narrativo, ma ben presto ci si rende conto che questo è il centro del romanzo. Oppure no?
Ed eccoci alla terza parte, in cui si annidano i difetti del libro. Avendo perso direzioni e appigli, Letizia torna a Roma, a casa di sua madre, ed ecco che spunta fuori una nuova storia, quella di Almas, l’ex domestica/tata eritrea, ormai anziana. La storia di Almas, che tra l’altro è un personaggio simpaticissimo, si dirama nella vicenda di sua figlia Sara, cresciuta insieme alla protagonista – viene da chiedersi dove fosse nei racconti che riguardano l’adolescenza di Letizia, questa figura così centrale – e poi ancora prosegue nella storia del figlio di Sara. Insomma un lungo racconto posticcio, una terza parte che sembra estratta da un altro scritto, attaccata alle altre pagine con un po’ di Vinavil, che non si intreccia con niente di quanto è stato narrato in precedenza, se non attraverso una lettera confessione – questo sì che è un ovvio espediente – in cui Letizia parla a Marco di Almas e della ragazza mai nominata, che era quasi una sorella.
- Genere: Romanzo