Strasse/Leonardo Delogu – King
Sulle spiagge bianche di Rosignano Solvay, Leonardo Delogu presenta al Festival Inequilibrio la prima parte del progetto King, che si concluderà, dopo un lungo viaggio a piedi, al Festival di Santarcangelo.
Nessun luogo sarebbe stato più adatto a comunicare il senso del lavoro della compagnia Strasse di Leonardo Delogu per il festival Inequilibrio di Castiglioncello come le spiagge bianche di Rosignano Solvay. Nessun luogo rappresenta così bene, e in sintesi, l’essenza del mondo fisico e materiale che ci circonda. Natura e paesaggio urbano, bellezza e squallore sono gli ingredienti di una terra che si lascia abitare, su cui restano le tracce di un percorso, di un lungo cammino. Come i primi lunghi minuti che da subito colpiscono ai sensi lo spettatore: l’udito si affina per ascoltare la voce delle onde celesti che toccano la battigia, mentre lo sguardo, attento, si concentra cercando all’orizzonte una figura in lontananza, un segno definito di una storia che si potrebbe raccontare, ma che lascia ampio spazio alle interpretazioni.
Lo spazio: è lui il grande protagonista. Costellato di simboli onirici, lirici, diventa la materializzazione di un desiderio interiore, di qualcosa che l’occhio sentiva il bisogno di guardare, e la mente di ricostruire. E’ una specie di grande dipinto in movimento, infatti, quello che prende forma sotto i nostri occhi, in questa prima parte del progetto King, condiviso insieme al Festival di Santarcangelo. Un dipinto tridimensionale da penetrare da ogni punto di vista. Un elogio alla visione e all’azione in senso astratto, al punto che all’inizio sembra di trovarsi di fronte a qualcosa simile a un happening: c’è chi arriva dal mare, chi scava nella sabbia, una donna si veste, ecc. … Diventa sempre più difficile catturare il paesaggio intero, la totalità delle azioni: si è portati a spostare lo sguardo, a percepire gradualmente l’affastellarsi degli elementi, dei mutamenti interni al quadro della visione. Scatta uno strano meccanismo che attiviamo inconsapevolmente ogni giorno, e la situazione teatrale non fa che renderlo consapevole: il senso dell’abitare. Il paesaggio prende vita grazie al movimento di oggetti, di persone. I nostri stessi occhi si muovono in uno spazio enorme che potrebbe racchiudere l’intero pianeta ma che poi tanto grande non è, se le sue dimensioni, i suoi numeri, possono esprimersi in un numero finito di parole.
Questa situazione di rappresentazione ci guida a osservare il mondo in maniera diversa dalla quotidianità: prestando attenzione, ricerchiamo il senso di quanto avviene intorno. Quando i rapporti spaziali tra i corpi sono dilatati, aumentiamo la nostra percezione, quella che viene definita la “visione periferica”, oltre la quale l’uomo non riesce a guardare, ma soltanto a immaginare.
Il lavoro di Delogu non è soltanto una finestra sul mondo e sulla sua apparente casualità, ma anche la ricostruzione – fisica e spirituale – di un immaginario visibile che tocca la sfera emozionale. Scava nel profondo, e colpisce sia per il suo lirismo sia per il suo ritmo preciso, curato nei minimi dettagli. E’ il tentativo di ricreare un nuovo ordine, attraverso una sensibilità marcata, quella di un io scisso, che riconosce l’urgenza di non poter incarnare insieme il suo corpo e la mente.
Dettagli
- Titolo originale: King