Arti Performative

Stefano Scandaletti // Ferite d’arma da gioco

Dalila D'Amico

Debutta come regista Stefano Scandaletti, con uno spettacolo denso e leggero al tempo stesso, su un amore vissuto dolorosamente. Tratto dal romanzo di Joseph Rajiv, finalista Premio Pulitzer


 

Ferite d’arma da gioco, andato in scena al Teatro Orologio dal 3 all’8 marzo, è la prima regia teatrale di Stefano Scandaletti.

Lo spettacolo, tratto dal romanzo Gruesome Playground Injuries, del finalista Premio Pulitzer Joseph Rajiv, racconta l’amore tra Clara e Diego. I protagonisti, interpretati da Chiara Capitani e Diego Maiello, siedono agli estremi di una panca di legno, una traiettoria tracciata tra due cuori destinati a non incontrarsi mai, se non nelle ferite autolesioniste che lacerano distanze e inghiottono sentimenti inespressi.

Clara e Diego si conoscono sin dall’infanzia, lei soffre di mal di stomaco e taglia la sua pelle per colmare il divario che la separa dai suoi genitori, lui soffre per lei e accidentalmente e progressivamente distrugge il proprio corpo in attesa di ritrovarla e ricevere le sue cure. L’amore raccontato da Stefano Scandaletti aggira ogni cliché, risiede tra le viscere, evapora nel sudore, si scioglie nel vomito dei due protagonisti, si brucia nella malattia mentale di lei, si stagna tra le piaghe della carne paralizzata di lui. Si sublima nel dolore fisico, ma non si consuma.

Unico elemento scenografico, la panca di legno viene risucchiata dalla stessa vorace smania, innestandosi nella pelle degli attori ora come sedia rotelle, ora come giostra ora come indice di un amore consumato con altri. Per quanto povera, la scena è infatti continuamente smontata, sporcata e rimontata dai due attori che la percorrono in una coreografia puntuale, riflesso dei circuiti in cui i protagonisti si perdono per poi rincontrarsi.

Denso e leggero allo stesso tempo, lo spettacolo prende in prestito un impianto cinematografico e avanza per flashback e flashforward, l’infanzia e l’età adulta di Clara e Diego precipitano sul palco insieme senza soluzione di continuità. Il piano sonoro dà forma e in qualche modo contiene la fluidità logica e cronologica della storia scandendo i salti temporali e i paesaggi mentali dei protagonisti. Nonostante la prevedibilità di una drammaturgia punteggiata dalle musiche, in alcuni attimi l’uso del suono si rivela un dispositivo poetico che amalgama insieme virtualità e immanenza. E’ il caso dell’eco della voce di Clara, in visita a Diego in coma, che nello stesso istante condensa l’attualità del presente di lei e il mondo onirico in cui è incastrato lui. Una delicata immagine cristallo di deleuziana memoria delicatamente restituita in scena.


Dettagli

  • Titolo originale: Ferite d'arma da gioco

Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti