Spoiler Alert. La Chiesa e gli abusi ne “Il caso Spotlight”
Tom McCarthy alla conquista degli Oscar col ricordo dei giornalisti che smascherarono le dinamiche di potere della Chiesa dietro le migliaia di insabbiati casi di abusi sui minori.
In tutta la storia del cinema non esiste immagine più drammatica del padre di Ann Marie Jyono in lacrime mentre racconta di esser stato privato della sua fede quando ha scoperto degli abusi subiti dalla figlia. Dopo aver guardato Deliver Us From Evil (trad. “Liberaci dal male”) nessuno si sentirà più lo stesso. La regista Amy Berg nel 2006 nel documentario su padre Oliver O’Grady raccontò attraverso un caso specifico lo scandalo degli abusi sui minori perpetrati da membri della Chiesa Cattolica e delle orecchie da mercante del Vaticano. Nel 2004 invece Kirby Dick guardò da vicino una singola vittima, Tony Comes, oggi pompiere ieri 14enne abusato da un prete in Twist of Faith. Ancora nel 2012 toccò al documentarista Alex Gibney col suo Mea Maxima Culpa: Silence in the House of God, in un’inchiesta ancora più dolorosa: preti che abusarono i bambini di una loro scuola di sordomuti.
Il mondo lo guardi con altri occhi dopo esser stato seduto al buio in una sala ad ascoltare le storie di uomini, donne, genitori, la cui vita è cambiata per sempre dopo essere stati colpiti così duramente nel corpo e nell’anima. Il cinema poteva decidere di ignorare, ma non lo ha mai fatto, trattò storie simili già col celebre Sleepers di Barry Levinson, è adesso però, nel 2015/2016 che negli Stati Uniti si è affrontato di petto con un dramma giornalistico diretto da un fantastico regista per cui le lacrime facili non sono mai esistite: Tom McCarthy, candidato agli Oscar 2016 nella categoria Miglior Film (dato anche per favorito) con Il caso Spotlight. Spotlight e basta in originale, richiama ai giornalisti facenti parte della sezione investigativa del Boston Globe, testata storica, i quali all’inizio del millennio avviarono delle ricerche sui frequenti casi di abusi sui minori da parte dei preti. Il risultato lo conosciamo.
Smascherarono la Chiesa Cattolica, le istituzioni locali tanto quanto gli alti prelati della Chiesa romana. McCarthy, familiare ai frequentatori della notte degli Oscar grazie a L’ospite inatteso, con uno stile asciutto e un montaggio sincopato, si sofferma sull’(anti)eroismo dei giornalisti, seguendone le ricerche, le interviste, il minuzioso lavoro di raccolta delle informazioni: Il caso Spotlight è come un film d’azione senza armi, i giornalisti del Boston Globe si muovono davanti la macchina da presa quasi fossero uno squadrone di spie e militari su un campo di battaglia. Il magnifico Mark Ruffalo scruta gli attori seduti davanti a lui con sguardo penetrante, Michael Keaton rende qualsiasi gesto un motivo per fermarsi a riflettere, John Slattery trasmette la ferrea ambiguità della città senza batter ciglio, Liev Schreiber ruba la scena con la sua metodicità, mentre Rachel McAdams e Stanley Tucci sembrano essere i soli a non riuscire a dare una tridimensionalità ai loro personaggi: eppure Tucci è nei panni del più bello di tutti.
McCarthy ha avuto per le mani del materiale su cui avrebbe potuto costruire una tragedia. Aveva modo di produrre lacrime su lacrime, strapparcele senza doversi impegnare troppo. Invece no, una sola scena getta la luce sull’orrore, ogni altra cosa si ferma a delle parole più che sufficienti a trasmettere un’umana indignazione: molestie sui minori. Non dovrebbe, e infatti non c’è, esserci bisogno di aggiungere altro, McCarthy è come se facesse un passo indietro rispetto ai suoi lavori precedenti, più sentimentali – ma sempre vicini all’uomo qualunque, da The Station Agent a Win Win -, per incoronare la storia e la sceneggiatura Re della storia alla base. Un successo da questo punto di vista, del resto Amy Berg, Kirby Dick, Alex Gibney e una lunga schiera di altri registi, hanno già raccontato i pianti, raccolti con la sincerità del metodo documentaristico: le lacrime di Mr. Jyono sono indelebili, chi ha visto Deliver Us From Evil lo sa bene.
Per Spotligh non ci sono santi, la verità è la verità e come tale deve essere raccontata, senza essere al servizio degli spettatori ancora incerti o di un’immaginaria parte lesa quale potrebbe essere la Chiesa. Chi non sa è posto subito spalle al muro senza possibilità di controbattere: McCarthy apre il film con una scena esemplare, col Cardinale che arriva a tirar fuori da un distretto di polizia un prete accusato di aver abusato di due bambini senza alcuna conseguenza. Non ne esce vittoriosa neanche la stampa, punzecchiata con costanza da dei riferimenti espliciti agli stessi “eroi”, su cui si crea un legittimo dubbio sulla moralità e la decisione nel portare avanti un’azione così complessa e rischiosa. Non sono insomma gli eroi outsider del pur ottimo La grande scommessa, Il caso Spotlight è più reale e sincero. Del resto quando hai una responsabilità così grande come gli abusi infantili è difficile cercare di romanzare e indorare la pillola.
Si può dire che il cinema, almeno nei maggiori film sul tema, è riuscito ad evitare la facile retorica.
Dettagli
- Titolo originale: Spotlight
- Regia: Tom McCarthy
- Genere: Biografico
- Fotografia: Masanobu Takayanagi
- Musiche: Howard Shore
- Cast: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Brian d’Arcy James, Stanley Tucci
- Sceneggiatura: Tom McCarthy, Josh Singer