Arti Performative

Short Theatre 10 | Teatro Sotterraneo/Valter Sīlis // WAR NOW!

Sara Benvenuto

In occasione del centenario dello scoppio della Grande Guerra, Teatro Sotterraneo ha incontrato, nell’ambito del progetto internazionale Shared Space, il regista lettone Valters Sīlis per realizzare uno spettacolo sulla psicologia della guerra, portando in scena anche a Short Theatre 10 l’ipotesi del terzo conflitto mondiale.


 

Atto I. Decretiamo il conflitto. Teatro Sotterraneo ci coinvolge in questo abile gioco psicologico di scelta tra l’essere buoni ed etici o amari e conflittuali. Catapultiamoci nella fase emotiva: aderire o no alla guerra. Come di consueto gli spettacoli di Teatro Sotterraneo non lasciano respiro: scenografia inizialmente scarna, a padroneggiare sul palco sono un velato cinismo e un sarcasmo inglese che coinvolge il pubblico nell’impasse di coscienza. Immaginiamo di essere in guerra. O meglio, immaginiamo di essere determinanti per lo scoppio della terza guerra mondiale.  Naturalmente in linea teorica saremmo tutti contrari all’abbattersi del conflitto, ma «se ci fosse in palio la testa del Kapò, uccideresti?».  Sempre per gioco, si prosegue nell’indagine psicologica; abilmente la compagnia ci dimostra, attraverso un’esercitazione alla Full Metal Jacket, che no, non siamo ferrati per affrontare quel supposto conflitto scoppiato proprio nello spazio del Macro Testaccio. Preoccupato della nostra sopravvivenza, ci dimostra ironicamente le tattiche migliori per sopravvivere, ad esempio come sotterrarsi tra i cadaveri dei compagni per scampare al nemico.  C’è poi la diplomazia che si incontra, improvvisata grazie al sostegno del pubblico coinvolto. Attimi di silente contrattazione e la guerra s’ha da farsi.

Atto II. Siamo in guerra. Abbiamo deciso. La guerra in fondo è strutturale, sistematica e quindi eccoci. L’allestimento della guerra è preciso, ironico ma fin troppo grottesco: esplodono le bombe, i nemici attaccano, i soldati vengono fatti prigionieri, i bambini uccisi, i campi di soccorso organizzati. Un effetto acustico simile al Dolby Surround si espande in sala, il cinema è tra noi. La trasposizione bellica del conflitto è in atto. La tensione sale, la scena diventa lo schermo cinematografico di un film di guerra anche piuttosto hollywoodiano. Il doppiaggio, i personaggi, stereotipi americani tratti dai più celebri La sottile linea rossa o Salvate il soldato Ryan.  C’è addirittura la scena d’amore di due combattenti separati dalla guerra, ci sono i militari che esultano allo scoppio delle bombe.

Atto III. La guerra è finita.  In questa fase ad essere allestita è l’ipocrisia, quella di Stato, dei teatri che inaugurano le stagioni in memoria dei caduti. In queste occasioni personaggi di rilievo spendono parole di commiato. Nella forma del breve sketch parlano i direttori artistici, i reduci, il generale sghembo, la donna a cui è stato brutalmente ucciso il bambino in fasce, il figlio a cui il padre ha ordinato di imbracciare il fucile e non avere pietà del nemico. Tutto sotto forma di caricatura ilare della guerra.

Per quanto l’intento fosse probabilmente quello di giocare tra il reale e il grottesco per mostrare gli orrori del conflitto è mancata quella direzione autoriale che, seppur drammaturgicamente celata per lasciare lo spettatore nel disagio della vittima e del carnefice, non è arrivata secondo una costruzione emotiva. Come se quel coinvolgimento del pubblico preteso all’inizio non sia poi stato funzionale a un disegno finale, sospeso nella coscienza dello spettatore.

Uno spettacolo dal sorriso aspro, più che amaro, nonostante la sorprendente messa in scena e la buona prova attoriale di Sara Bonaventura, Claudio Cirri e, per l’occasione, Matteo Angius.  


Dettagli

  • Titolo originale: WAR NOW!

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