Arti Performative

Short Theatre 10. MK – e-ink | Roberto Castello – In girum imus nocte (et consumimur igni)

Redazione

Parliamo di danza, tra passato e nostalgia di futuro, passando per il presente. Due visioni da Short Theatre 10. 


 

 

La performance che forse meglio esemplifica quell’ossimoro da cui prende il titolo l’intera decima edizione di Short Theatre, “nostalgia di futuro”, è e-ink, presentato nel 1999 dalla neonata compagnia MK, formata da Michele di Stefano e Biagio Caravano, al Teatro Franco Parenti di Milano: lavoro che apparse probabilmente ai tempi come uno spartiacque, qualcosa di completamente nuovo, una forma insolita, innovativa, di gesti ampi, perfetti, minimali e netti. A distanza di sedici anni lo ripropongono in apertura allo spettacolo di Cristina Rizzo Bolero Effect per Short Theatre 10 [leggi la recensione di Bolero Effect qui: http://www.scenecontemporanee.it/arti-performative/uovofestival-laurent-chetouane/mm-cristina-rizzo/bolero-effect-1671]

Nel 1999 un’inedita forma di danza contemporanea si affermava dirompente nel fermento culturale di quegli anni. Uno spettacolo che appare oggi contemporaneo, attuale e sedimentato in quei corpi, simili e difformi, che si rincorrono in gesti ampi e minimali. Due lettere “E” stampate a caratteri diversi sulle tute bianche che si inseguono simmetricamente in un gioco circolare di fuga ed avvicinamento. Un esperimento riuscito che dimostra come oggi quella partitura coreografica funzioni su altri corpi, seppur consci di una memoria fisica e corporea risalente a sedici anni fa.

Dodici minuti che lasciano interrogativi importanti – come cambia il corpo? Come cambia la materia fisica sulla quale incidere? – e al contempo confermano sia la genialità sia la lungimiranza propria degli artisti.

[Sara Benvenuto]

 

Dal passato alla nostalgia di futuro, ma passando per il presente. A Short Theatre ha debuttato In girum imus nocte (et consumimur igni), coreografia di Roberto Castello, fondatore nel 1993 della compagnia toscana ALDES, e in generale tra i più illustri rappresentati della danza contemporanea in Italia. Una prima assoluta il suo In girum imus nocte (et consumimur igni), titolo palindromo che riprende un verso tradizionalmente attribuito al poeta Virgilio dal significato enigmatico quanto la sua assegnazione di paternità, a sua volta riutilizzato dal regista e filosofo Guy Debord (autore del famoso saggio La società dello spettacolo) per un film (nel 1978) che rifletteva sul rapporto tra libertà e spettacolo, tra produzione e consumo, visti entrambi come momenti di un ciclo spietato, labirinto senza via d’uscita. L’inquietudine labirintica del verso latino viene trasferita nello spettacolo di Roberto Castello sul piano del movimento di gruppo nello spazio e nel tempo. Lo spazio vuoto è reso fioca luce dalle proiezioni video sullo sfondo e movimento dalle anime nere che lo abitano. I corpi dei danzatori rappresentano l’ossimoro di luci oscure che appaiono e scompaiono all’ordine di accendersi e di spegnersi proveniente da una voce acusmatica. Il loop musicale dal ritmo sincopato e dalle sonorità vagamente etniche diventa il terreno su cui stendere una danza ispirata a tecniche e stili diversi: tra moduli coreografici che ne assecondano l’andatura ritmica e la libertà di una danza che invece sembra sorda ai richiami della musica, emerge nel complesso, in quel gioco illusionistico di spostamenti repentini nel buio e nell’assoluta padronanza del senso spaziale che ricorda Quad (1981) di Samuel Beckett, l’immagine di una sorta di videogioco infernale, un’allucinazione che lascia libero lo spettatore di ricamare un suo personale intreccio attorno alle brevi azioni mimetiche innescate da intenzioni narrative. Questo nuovo lavoro di Roberto Castello è un’opera metafisica, enigmatica come un dipinto dechirichiano, non a caso costruita sulla dialettica tenebre/luce e sul paradosso tra spazio bidimensionale e tridimensionale, dominato da corpi dalle mostruose abilità. Corpi che non conoscono attrito, gravità né resistenza. Una sublime visione. Uno spettacolo eccezionale.

[Renata Savo]

 



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