Ryley Walker – Deafman Glance
Lo scorso 18 maggio è uscito Deafman Glance, quarto lavoro in studio di Ryley Walker. Sono trascorsi circa due anni da Golden Sings That Have Been Sung (recensito qui), disco poco convincente a causa della mancanza di una personalizzazione sonora che ne impoveriva le potenzialità.
In tal senso la maturazione dell’artista americano sembra dirsi, se non avvenuta, senz’altro in divenire: egli, infatti, in quasi tutte le tracce di cui è composto il disco, è in grado di tracciare sonorità più definite, spaziando dal jazz-funk (Telluride Speed, primo singolo estratto) all’indie folk (Accomodations); dal fingerstyle (la strumentale Rocks on Rainbow) alla forma della ballata (Expired). Se a primo acchito il giovane Walker dimostra delle buone soluzioni negli arrangiamenti, ad un ascolto più attento, si possono evincere delle approssimazioni cantautorali: buona parte dei testi risultano ermetici e difficilmente interpretabili; la sinestesia che dà vita al titolo del disco (Sguardo sordo) è velleitaria, ma si ripiega su se stessa: resta frammentata la scrittura, che sembra un mezzo di liberazione da un passato – che sta ancora pensando (Opposite Middle) – e che produce malesseri inesplicati, come nella trovata pop di Spoil With The Rest: Whenever I feel blessed//too much guilt to confess//Ogni volta che mi sento benedetto, troppa colpa per confessare.
Il passato, che nel caso di Castle Dome ricostruisce un “luogo dell’anima” in cui la porta di casa scricchiolava quando Walker era bambino, è tendenzialmente insidioso, tanto da implicare una sorta di rinascita che, però, nell’economia del disco, appare sbilenca e casuale (Can’t Ask Why?) e, almeno in apparenza, quantificabile in 22 Days (pezzo decisamente jazz). Difficile riuscire a dare compattezza alle nove tracce che compongono Deafman Glance, che resta un disco disorganico e poco uniforme.